BREVE INTRODUZIONE:
IN QUESTA PARTE DEL SITO, SONO NARRATI I CENNI STORICI DI PORTO BADISCO E DINTORNI, SUDDIVISI IN DUE PARTI, DI CUI LA PRIMA E’ STATA REALIZZATA DA ANTONINO RUBRICHI, LA SECONDA INVECE DALL’AMICO ARCHEOLOGO DE PAOLA DOTTOR GIUSEPPE, IL QUALE MI HA CONCESSO L’ONORE DI PUBBLICARE IL SUO PICCOLO CAPOLAVORO RIGUARDANTE PORTO BADISCO E DINTORNI. TRATTASI INFATTI DELLA SUA TESI DI LAUREA IN TOPOGRAFIA ANTICA, CHE ILLUSTRA IN MODO PIU’ PROFESSIONALE IL TERRITORIO.
PORTO BADISCO APPRODO DI ENEA
CENNI STORICI ( di Antonino Rubrichi ) parte prima
PORTO BADISCO E’ UNA PARADISIACA INSENATURA A NOVE CHILOMETRI A SUD DI OTRANTO, CREATA NEGLI ANNI DA UN FIUME CHE, PROVENIENTE DALL’ENTROTERRA, SFOCIAVA NEL MARE. LA SUA MORFOLOGIA INFATTI E’ CARATTERIZZATA AI LATI DA DUE SCOGLIERE CHE FORMANO UN CANALONE CON PICCOLE INSENATURE E ANFRATTI DI ROCCE APPUNTITE.
PARTENDO DALLA PICCOLA SPIAGGIA, IL FONDALE DI SASSI E SABBIA SCENDE GRADUALMENTE FINO ALL’IMBOCCATURA DEL PORTO, RAGGIUNGENDO CIRCA VENTICINQUE METRI DI PROFONDITA’. A META’ INSENATURA SI RAGGIUNGONO CIRCA I NOVE METRI DI FONDALE SABBIOSO ED E’ A QUESTO PUNTO CHE AI DUE LATI COMINCIANO AD ERGERSI DUE PARETI ROCCIOSE SOVRASTANTI UNA PROFONDITÀ CHE VARIA DAI QUATTRO AI SETTE METRI E DOVE SI FORMANO DELLE VERE E PROPRIE “PIAZZETTE”, DALLE QUALI ALCUNI BANCHI DI PESCI (SARAGHI, SALPE, OCCHIATE, CASTAGNOLE ETC.) SALGONO E SCENDONO DAI PUNTI PIU’ PROFONDI.
TRA IL XIV E IL XVI SECOLO PORTO BADISCO FU UNA DELLE PORTE D’ORIENTE PIÙ IMPORTANTI DEL SALENTO. ATTRACCO ALTERNATIVO AL PORTO DI OTRANTO, ERA SPESSO META DI APPRODI GRADITI PER CIO’ CHE RIGUARDAVA GLI SCAMBI COMMERCIALI, CULTURALI E RELIGIOSI, MA ANCHE SGRADITI PER I CONTINUI ATTACCHI VIA MARE DI ORDE SARACENE E TURCHE CHE RAZZIAVANO, DISTRUGGEVANO E RAPINAVANO LE POPOLAZIONI COSTIERE, FOMENTANDO QUINDI UNO SCONTRO CONTINUO TRA ISLAM E CRISTIANITA’. BASTI PENSARE CHE NEL 1400 OTRANTO FU COMPLETAMENTE DEVASTATA DALLE INCURSIONI TURCHE.
TURCHI E SARACENI PER MOLTI ANNI, ADDIRITTURA SECOLI, APPRODARONO SULLE COSTE PUGLIESI SIA PER SACCHEGGIARE E CONQUISTARE, MA ANCHE PER DISTRUGGERE LE ORGANIZZAZIONI CRISTIANE CHE PARTIVANO PER RICONQUISTARE LA PALESTINA. TRA IL XV E XVI SECOLO, SI COMINCIARONO A COSTRUIRE LE TORRI DI AVVISTAMENTO PER PROTEGGERE TUTTA LA COSTA PUGLIESE E DELINEARE UNA SORTA DI STRATEGIA PER FRONTEGGIARE IL PROBLEMA. LE POPOLAZIONI LUNGO LA COSTA FURONO SPOSTATE NELL’ENTROTERRA E SI CREARONO DEI RIFUGI IN CUNICOLI, GROTTE E RIPARI DI OGNI GENERE. LE STESSE ABITAZIONI VENIVANO COSTRUITE MOLTO VICINE LE UNE ALLE ALTRE, CON VICOLI STRETTI, STRADINE E GALLERIE, INSOMMA UN VERO E PROPRIO LABIRINTO. TUTTO CIO’ DOVEVA SERVIRE A DISORIENTARE IL NEMICO, RENDENDOLO VULNERABILE E PIU’ FACILMENTE CONTRASTABILE. QUANDO VENIVA SEGNALATO UN PERICOLO PROVENIENTE DAL MARE, LE SENTINELLE, POSTE SULLA SOMMITA’ DELLE TORRI, COMUNICAVANO TRA DI LORO CON DEGLI APPOSITI SEGNALI LUMINOSI E DAVANO L’ALLARME CHE ARRIVAVA FINO ALL’ENTROTERRA: INFATTI OGNI TORRE ERA POSIZIONATA IN MODO DA ESSERE VISIBILE ALLA SUCCESSIVA E LA LORO UBICAZIONE VENIVA APPUNTO SCELTA PER POTER AVERE LA MIGLIORE VISUALE DELL’ORIZZONTE. IN TAL MODO ERA SEMPRE POSSIBILE LANCIARE TEMPESTIVAMENTE L’ALLARME DI UN EVENTUALE ATTACCO. ATTUALMENTE, LUNGO LA LITORANEA TRA OTRANTO E SANTA CESAREA E PROCEDENDO VERSO SUD, CE NE SONO ANCORA CINQUE. DOMINANTE SU UN’ ALTURA, SI TROVA PER PRIMA TORRE SANT’EMILIANO; A SEGUIRE TORRE BADISCO (ATTUALMENTE NON VISIBILE, IN QUANTO DISTRUTTA E SEPOLTA DA NUOVE COSTRUZIONI), TORRE DI MINERVINO (APPENA RISTRUTTURATA), NEL COMUNE DI SANTA CESAREA TERME, A SEGUIRE TORRE SPECCHIA LA GUARDIA, TORRE DI SANTA CESAREA O TORRE DEL SARACINO E TORRE DI PORTO MIGGIANO.
ALCUNE TORRI COSTIERE SONO GIUNTE QUASI INTATTE SINO AI GIORNI NOSTRI, MOLTE INVECE NON SONO RIUSCITE A SOPRAVVIVERE AL TEMPO E ALL’INCURIA; ALTRE SONO COMPLETAMENTE SCOMPARSE. A NORD DI OTRANTO E SUL VERSANTE IONICO, VI SONO ANCORA UN NOTEVOLE NUMERO DI TORRI ARAGONESI.
RISALENDO INVECE AD UN’ EPOCA PIU’ ANTICA, VIRGILIO NARRA CHE ENEA, FUGGENDO DA TROIA, SUA CITTA’ D’ORIGINE ASSEDIATA DAL NEMICO, INSIEME AL FIGLIO ASCANIO E AL PADRE ANCHISE, CON UNA PICCOLA NAVE SBARCO’ A PORTO BADISCO (DA CUI APPRODO DI ENEA), DOVE SI RIFUGIO’ E VENNE AIUTATO DALLE GENTI DEL POSTO.
LA STORIA DI PORTO BADISCO CONTINUA IL 1° FEBBRAIO 197O, QUANDO GLI SPELEOLOGI DEL GRUPPO SALENTINO “PASQUALE DE LAURENTIIS” DI MAGLIE, COMPOSTO DA SEVERINO ALBERTINI, ENZO EVANGELISTI, ISIDORO MATTIOLI, REMO MAZZOTTA E DANIELE RIZZO, SCOPRIRONO PER CASO, DURANTE UNA CAMPAGNA DI ESPLORAZIONE, “LA GROTTA DEI CERVI”, COSI’ DENOMINATA SUCCESSIVAMENTE PER I VARI DIPINTI SULLE PARETI RAPPRESENTANTI SCENE DI CACCIA AL CERVO, REALIZZATE CON IL GUANO DEI PIPISTRELLI E CON LA TERRA D’OCRA DI COLORE ROSSICCIO. OLTRE ALLE FIGURE DI CACCIATORI E DI CERVI, FURONO RINVENUTI ALTRI DISEGNI CHE FACEVANO RIFERIMENTO AL MARE, ALLE SCIMMIE E QUANT’ALTRO. SEMBRA INFATTI CHE GLI ABITANTI DELLA GROTTA (PESCATORI E CONTADINI) ABBIANO REALIZZATO QUESTI DIPINTI PROPRIO PER LASCIARE UN SEGNO DELLA LORO ESISTENZA E DELLA LORO CIVILTA’. TUTTO CIO’ AVVENIVA CIRCA SEIMILA ANNI FA, QUINDI MOLTO PRIMA DELL’ARRIVO DI ENEA. OLTRE AI DIPINTI LA GROTTA DEL CERVO, LUNGA CIRCA 1500 METRI E CON UNA PROFONDITA’ MEDIA DI 20 METRI, PRESENTA MOLTI AMBIENTI AFFASCINANTI E SUGGESTIVI CON STALATTITI E STALAGMITI, SI DIRAMA NEL SOTTOSUOLO ED È RICCA DI PAESAGGI, LAGHETTI, CUNICOLI E ANTRI SPETTACOLARI. PURTROPPO NON E’ ANCORA APERTA AL PUBBLICO, MA SI POSSONO AMMIRARE LE FOTO PUBBLICATE SU VARI SITI INTERNET E, PER CHI PASSA DA PORTO BADISCO, TUTTE QUELLE ESPOSTE NEL BAR DA CARLO.
QUESTO E’ QUANTO AVVENNE DOPO IL 1° FEBBRAIO 1970. MA ALCUNI ANNI PRIMA, NELLE TANTE GIORNATE CHE IO TRASCORREVO CON MIO PADRE E CON ALTRI PESCATORI A VENDERE RICCI DAVANTI AL BAR DA CARLO SI SENTIVANO SPESSO ALCUNI CACCIATORI LAMENTARSI DEL FATTO CHE, PROPRIO NELLA BUCA DOVE POI FU SCOPERTA LA GROTTA, SI PERDEVANO I CANI OGNI QUALVOLTA INSEGUIVANO UNA VOLPE. ALTRE TESTIMONIANZE RIPORTAVANO CHE IN QUELLA BUCA I CONTADINI DELLA ZONA VI SI RIPARAVANO DAL VENTO FREDDO DI TRAMONTANA, PER CONSUMARE UN BREVE PASTO DURANTE I LAVORI IN CAMPAGNA. IN SOSTANZA QUESTE PERSONE HANNO VISSUTO MOMENTI O INTERE GIORNATE SOPRA UN BENE ARCHEOLOGICO TRA I POCHI IN TUTTA EUROPA, IGNORANDONE DEL TUTTO L’ESISTENZA. LA STESSA COSA È AVVENUTA NEL PAESE DI GIURDIGNANO, DOVE ALCUNI ABITANTI UTILIZZAVANO UNA CISTERNA PER RACCOGLIERE L’ACQUA PIOVANA, DEL TUTTO IGNARI CHE ALL’INTERNO CI FOSSE INVECE UNA SPETTACOLARE CRIPTA BIZANTINA (“CRIPTA DI SAN SALVATORE”-VEDI DINTORNI, GIURDIGNANO).
NEL 1999 DURANTE I LAVORI DI COSTRUZIONE DELL’ATTUALE PIAZZA CONSIGLIO, UNO SCAVO ARCHEOLOGICO CONDOTTO DALL’UNIVERSITA’ DI LECCE PORTÒ ALLA LUCE LA TOMBA E IL CORPO DI UNA RAGAZZA DI CIRCA OTTO ANNI, ALTA MT. 1,10 RISALENTE CIRCA AL XIII° SECOLO, I RESTI DI DUE CHIESE, LUOGHI DI CULTO PER COLORO CHE RISIEDEVANO A QUEI TEMPI A PORTO BADISCO E ANCHE UNA STRUTTURA DI CANALIZZAZIONE DELL’ACQUA CHE PORTAVA AD UNA CISTERNA, UTILIZZATA FINO A POCHI ANNI FA.
SEMPRE L’UNIVERSITA’ DI LECCE, NEL CORSO DELLE RICERCHE EFFETTUATE NELL’ENTROTERRA MA ANCHE IN MARE E CONDOTTE DAL CENTRO SPERIMENTALE DI ARCHEOLOGIA SOTTOMARINA, RILEVO’ CHE IL SEDIME DI PORTO BADISCO ERA POPOLATO ANCHE IN ETA’ ROMANA: INFATTI OLTRE AL RELITTO (II SECOLO A.C.) SITUATO IN LOCALITA’ “PIETRA MESOLA”, POCO DISTANTE DA PORTO BADISCO E GIA’ CONOSCIUTO DAL 1971, FU TROVATO UN NUOVO RELITTO SEMPRE DELLA STESSA EPOCA A “MALEPASSO”, TRA PORTO BADISCO E SANTA CESAREA.
TORNANDO AI GIORNI NOSTRI, POSSIAMO NOTARE CHE IN ALCUNE VECCHIE FOTO LA SPIAGGETTA NON SI TROVAVA DOVE E’ ATTUALMENTE, PERCHE’ FINO AGLI ANNI SESSANTA ALLE SUE SPALLE C’ ERA UN LAGHETTO DI ACQUA DOLCE FORMATOSI DALLE ACQUE PIOVANE E DALLE TANTE SORGENTI CHE TUTT’OGGI SFOCIANO IN MARE. CHI PRATICA SNORKELING INFATTI PUO’ NOTARE CHE IN ALCUNI PUNTI LA VISUALE SI ANNEBBIA, MA CIÒ NON E’ DOVUTO ALLA MASCHERA COME QUALCUNO PENSA, MA ALLA MISCELA DI ACQUA DOLCE E SALATA PRESENTE IN QUEL TRATTO. MIO PADRE MI RACCONTAVA CHE QUANDO LUI ERA RAGAZZO, IL LAGHETTO ERA MOLTO PIU’ GRANDE E ARRIVAVA FINO AL “PONTE ARIALDO” E “MINNA DE ORCU”, TANTO CHE ALL’INTERNO VI SI PESCAVANO ANGUILLE E CAPITONI. COME SI PUÒ CHIARAMENTE VEDERE NELLE FOTO, LA BATTIGIA ARRIVAVA QUASI FINO ALLO SCOGLIO DEL LATO DESTRO (FRONTE AL MARE), DOVE FINISCE IL MURAGLIONE IN CEMENTO ARMATO. SUBITO DOPO LA BATTIGIA C’ERA “U LIMMITUNE” ( UNA PICCOLA DUNA TRA IL MARE E IL LAGHETTO) CHE CON IL PASSARE DEGLI ANNI E LE FORTI MAREGGIATE INVERNALI E’ STATO LETTERALMENTE SPIANATO. IL MARE HA QUINDI PRESO IL POSTO DI UNA PARTE DEL LAGHETTO E DELLA SPIAGGIA NEL PUNTO IN CUI I PESCATORI DI SOLITO METTEVANO LE BARCHE IN PERIODI DI RIMESSAGGIO O DI MALTEMPO.
SUL FONDALE DELL’INSENATURA LA FLORA E LA FAUNA MARINA SONO MOLTO CAMBIATE RISPETTO AI TEMPI DELLA MIA GIOVENTU’: INFATTI ATTUALMENTE SONO MOLTO RARE LE GROSSE BAVOSE CHE GIRAVANO IN MEZZO AI SASSI E ALL’ERBA; ANCHE LE DONZELLE DI MARE, LE LAPPINE (TORDI), PICCOLI SCORFANI, STELLE MARINE E LE PERCHIE SONO DIMINUITE, DATO CHE LA VEGETAZIONE E’ COMPLETAMENTE DIVERSA A CAUSA DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI E DELLA PRESENZA DELLA LUCE DEI LAMPIONI LATERALI DELL’INSENATURA. IN COMPENSO SI POSSONO NOTARE DEI GROSSI BANCHI DI INNOCUI BARRACUDA, DI PICCOLE RICCIOLE, IL PESCE PETTINE, QUALCHE “HYPSELODORIS PICTA” (LUMACA VARIOPINTA SENZA GUSCIO) E TANTE ALTRE NUOVE SPECIE DI PESCI ( UN PARADISO PER GLI AMANTI DELLA SUBACQUEA).
UN TEMPO PORTO BADISCO ERA UN PICCOLO BORGO DI PESCATORI, CON POCHE CASE E UN SOLO PUNTO DI RISTORO (BAR DI ANDREA CHIRILLI- ATTUALMENTE BAR DA CARLO), META DOMENICALE DEI POCHI RESIDENTI VICINI E DI QUALCHE VIAGGIATORE OCCASIONALE, DATO CHE IL TURISMO NON AVEVA ANCORA FATTO LA SUA COMPARSA. I PESCATORI IN QUEGLI ANNI PRATICAVANO LA PESCA IN PARTICOLARE CON LE RETI DA POSTA ( NTHRAMACCHIATI, CCHIATARE, RITOTE, OPARIZZE, ETC.), MA ANCHE CON LA LAMPARA (ALLORA A PETROLIO) E CON LA FIOCINA, DETTA PESCA “A FOCU”, OPPURE SEMPRE CON LA LAMPARA, MA CON LE RETI, DETTA “A CURRENTE”. CON LE LAMPARE SI EFFETTUAVA ANCHE UN ALTRO PARTICOLARE TIPO DI PESCA, PRATICATO ANCORA OGGI, CIOE’ QUELLO CON LE “CHIANCI” ( GROSSE IMBARCAZIONI CON L’AUSILIO DI PICCOLI GOZZI PROVVISTI DI LAMPARA): USANDO PARTICOLARI TECNICHE VENIVA CALATA UNA GROSSA RETE E IL PESCE RIMANEVA INTRAPPOLATO IN MEZZO ALLE LAMPARE. ALTRO TIPO DI PESCA ERA QUELLA FATTA CON LE “LENZE” (FILO DI CORDA CON GROSSI AMI), CON I PALAMITI DI FONDO E PALAMITI A GALLA. SUCCESSIVAMENTE, CON L’ARRIVO DEI PRIMI TURISTI, HA PRESO IL SOPRAVVENTO LA PESCA DEL RICCIO, NON PARTICOLARMENTE REDDITIZIA, MA ALLO STESSO TEMPO NON PROBLEMATICA PER LE ATTREZZATURE IMPIEGATE E PRATICATA SOPRATTUTTO NEL PERIODO ESTIVO DAI PESCATORI DEL LUOGO.
DOPO GLI ANNI SESSANTA, LA ZONA HA VISSUTO UN PICCOLO BOOM EDILIZIO E MOLTE ABITAZIONI SONO SORTE LUNGO LE ARIDE SCOGLIERE; LE VECCHIE CASE DI PESCATORI SI SONO TRASFORMATE IN VERE E PROPRIE VILLETTE E SONO NATI I PRIMI RISTORANTI. OGGI IL PICCOLO BORGO È DIVENTATO UN PUNTO DI RIFERIMENTO TURISTICO PER TUTTI COLORO CHE TRASCORRONO LE VACANZE NEL SALENTO E CHE AMANO PARTICOLARMENTE IL MARE.
ALCUNE FOTO IMPORTANTI:
MAPPA DELLA GROTTA DEI CERVI (ESPOSTA NEL “BAR DA CARLO”)
MAPPA DELLA GROTTA DEI CERVI – GRAZIOSI 1980
Grotta dei Diavoli
E’ UN PROFONDO CUNICOLO, SITUATO VICINO AL CANALE DI MINERVINO, SUL LATO SINISTRO DELLA SPIAGGIA, APPENA PASSATO IL PONTICELLO PER ANDARE VERSO IL FORTINO. PIU’ CHE UN CUNICOLO HA PROPRIO LA FORMA DI UN MEANDRO CHE SI DIRIGE VERSO NORD PER OLTRE 50 METRI , OLTRE NON SI PUO’ PROCEDERE PER LA PRESENZA DI UN LAGO SOTTERRANEO MOLTO VICINO ALLA GROTTA DEI CERVI.
GROTTA DEI DIAVOLI
Grotta Salinaci
NELLA PARTE DESTRA DELL’INSENATURA, NELLA ZONA DETTA TAGLIATE, SI TROVA LA GROTTA SALINACI O DELLA SALINACIA, MOLTO SUGGESTIVA, IN MODO PARTICOLARE LA PARTE INTERNA.
GROTTA SALINACI O DELLA SALINACIA
GROTTA SALINACI O DELLA SALINACIA – L’INTERNO
GROTTA SALINACI O DELLA SALINACIA- VISTA DAL MARE
GROTTA SALINACI O DELLA SALINACIA- VISTA DAL MARE
ALTRE FOTO DELLE GROTTE DI PORTO BADISCO SONO VISIBILI IN QUESTO SITO NELLA PARTE “ LE GROTTE “.
LINK/UTILE/GROTTE SUBACQUEE :
PORTO BADISCO
TOMBA IPOGEA
LA BAMBINA DI OTTO ANNI SEPOLTA NEL MEDIOEVO TRA DUE CHIESE, VICINO ALLA CISTERNA DI ACQUA PIOVANA, SOTTO L’ATTUALE PIAZZA CONSIGLIO. GLI ARCHEOLOGI, MARCO MERICO E I SUOI COLLEGHI DURANTE I LAVORI DI SCAVO.
TOMBA IPOGEA – FOTO DI COSIMO RUBRICHI
CENNI STORICI (DE PAOLA DOTTOR GIUSEPPE) parte seconda
1
UNIVERSITÀ DEL SALENTO
FACOLTÀ DI LETTERE, FILOSOFIA, LINGUE, BENI CULTURALI
Corso di Laurea in Beni Architettonici,
Archeologici e dell’Ambiente
Tesi di Laurea
in
TOPOGRAFIA ANTICA
Elementi per una Carta Archeologica
del territorio di Porto Badisco (Le)
IGM F. 215 III SO
Relatore
Chiar.mo Prof. Marcello GUAITOLI
Laureando
Giuseppe DE PAOLA
Matr. n. 10028727
Anno Accademico 2011-2012
2
Indice
Introduzione………………………………………………………………………………2
1-CENNI DI GEOMORFOLOGIA………………………………………………………3
1.1 Geomorfologia del Salento e della costa adriatica
1.2 Geomorfologia del territorio di Porto Badisco
1.3 Variazioni della linea di costa
2-STORIA DEGLI STUDI………………………………………………………………8
3-CARTOGRAFIA…………………………………………………………………….12
4-VIABILITÀ…………………………………………………………………………..16
5-SINTESI STORICO-TOPOGRAFICA………………………………………………20
6-SCHEDE……………………………………………………………………………..26
BIBLIOGRAFIA
Introduzione
Il presente lavoro che ha interessato il territorio compreso all’interno della Tavoletta I.G.M. F. 215 III SO Otranto, nella parte sud orientale della penisola salentina, compreso tra Porto Badisco (Otranto) a nord e S. Cesarea a sud, ha avuto come obiettivo l’elaborazione di una carta archeologica del territorio preso in esame.
L’attività di ricerca che ha permesso di raccogliere le varie informazioni poi confluite nella carta, può essere suddivisa in due fasi.
La prima fase è consistita nello spoglio bibliografico delle pubblicazioni scientifiche riguardanti le testimonianze storico-archeologiche presenti nel territorio e l’analisi di alcune produzioni cartografiche storiche.
Le informazioni recuperate sono state poi posizionate sulla Cartografia IGM di riferimento e ove possibile controllate sul terreno nella successiva fase di ricognizione diretta sul terreno, effettuata nei mesi di Febbraio e Marzo 2013.
Nello specifico la ricognizione ha interessato un’area alle spalle dell’insenatura di Porto Badisco, oggetto di indagini di superfice curate dall’Università di Lecce nel 2000, compresa tra la cappella della Madonna della Serra a nord-ovest e la zona residenziale detta “la Fraula” a sud-est; durante questa fase sono state prese in considerazione anche porzioni di territorio comprese sempre nella tavoletta, il cui interesse è derivato principalmente dalla posizione, dalla morfologia e dalla toponomastica.
Per la redazione della carta archeologica è stata utilizzata come quadro generale la Cartografia IGM, in particolare la tavoletta F. 215 III SO Otranto; l’aerofotogrammetrico in scala 1:5000, elaborato dal Sistema Informativo Territoriale della Regione Puglia, è stato utilizzato invece per il posizionamento di dettaglio dei dati rinvenuti durante la ricognizione e per la visualizzazione del grado di visibilità del terreno in rapporto al dato archeologico.
La definizione cronologica delle evidenze rilevate si è basata principalmente sullo studio dei materiali ceramici raccolti nel corso della ricerca.
La realizzazione di una carta archeologica risulta fondamentale per il territorio di Porto Badisco, caratterizzato sia da una continuità d’uso che abbraccia diversi secoli, dalla Preistoria all’età medievale, sia da una pianificazione e gestione territoriale discutibile che spesso trascura l’elemento archeologico.
1 CENNI DI GEOMORFOLOGIA
1.1 Geomorfologia del Salento e della costa adriatica
La penisola salentina costituisce la parte emersa più meridionale dell’Avampaese Apulo, uno dei principali domini geologici dell’Italia Meridionale (insieme alla Fossa Bradanica e alla Catena Appeninica meridionale) originati da un processo di orogenesi, un fenomeno geodinamico che provoca il corrugamento della superficie terrestre e la formazione di una catena montuosa. L’Avampaese Apulo è caratterizzato da grandi aree carsiche formate da rocce calcaree mesozoiche e geograficamente comprende gran parte della regione pugliese distinguendosi in Gargano, Murge e Salento.
La serie geologica affiorante nel Salento è formata dalle unità calcareo-dolomitiche della piattaforma Apula, da diverse unità carbonatiche di età compresa tra l’Eocene medio e il Pleistocene inferiore ed è conclusa da depositi marini carbonatico-terrigeni del Pleistocene medio-superiore1.
Morfologicamente è formata da un complesso di ampie e diverse superfici comprese tra i 160 m e pochi metri s.l.m. “raccordate da scarpate di faglia rielaborate dall’erosione, orientate prevalentemente NW-SE e NNW-SSE, da scarpate di erosione selettiva e da paleoripe di abrasione marina”2.
L’attuale morfologia pianeggiante del Salento si deve anche all’esposizione e alla conseguente azione erosiva di diversi agenti esogeni nel corso delle diverse ere geologiche; tutto ciò ha provocato soprattutto sul litorale un dilavamento del manto arenaceo con il denudamento delle zolle più antiche relative al Terziario e al Cretaceo.
La parte dell’entroterra può essere divisa in due aree caratterizzate da morfologia e idrografia peculiari.
Un area si sviluppa lungo l’asse Lecce-Corigliano d’Otranto-Castiglione d’Otranto ed è caratterizzata da affioramenti delle unità carbonatiche mioceniche e plioceniche da riferire all’inizio del quaternario.
La seconda zona si sviluppa a ovest del precedente asse con unità del Pleistocene inferiore e medio e presenta tre unità geomorfologiche: aree morfologicamente depresse con unità del cretaceo superiore e del pleistocene inferiore, aree di affioramento dei Depositi marini terrazzati che corrispondono a tratti residui della copertura sedimentaria che ha fossilizzato il paesaggio carsico medio pleistocenico, rilievi morfologico-strutturali detti Serre relativi ad affioramenti delle unità calcareo-dolomitiche del Cretaceo superiore3.
Il versante adriatico presenta una superficie subpianeggiante a circa 80 m s.l.m. in cui sono visibili formazioni geologiche del Cretaceo superiore e del Miocene; le coste sono di due tipi: “alte e ripide, in genere di faglia, con analogo aspetto anche nella parte sommersa, o basse, queste sono caratterizzate da superfici che si immergono in mare con una debole inclinazione”4; pochi sono i tratti sabbiosi, bordati da cordoni dunari e concentrati tra Otranto e S.Foca.
1 SANSÒ, SELLERI 2010, pp. 33-37.
2 SANSÒ 2011.
3 ZEZZA 2003.
4 AURIEMMA 2004 a, p. 19.
In particolare la fascia costiera compresa tra Otranto e il Capo di Leuca, esposta ai venti di S-SE, si presenta alta e rocciosa con andamento rettilineo e caratterizzata da poche insenature naturali intagliate nei calcari oligocenici di Castro.
Nei tratti in cui subentrano le calcareniti plioceniche e pleistoceniche (Porto Miggiano, Tricase) mostra invece delle falesie verticali incise da crolli. Questo tratto non presenta segni di arretramento della costa e si caratterizza anche per la presenza di grotte marine (Zinzulusa, Romanelli etc.).
La fascia compresa tra Otranto e Roca invece risulta in fase di arretramento a causa di processi di erosione dovuti sia all’esposizione diretta ai venti settentrionali sia per l’azione chimica e meccanica delle acque; questo tratto presenta coste basse e rocciose intagliate in sedimenti friabili e caratterizzate da “piattaforme di modellamento recente”5.
Dal punto di vista idrografico il versante adriatico della penisola salentina presenta una rete idrografica poco sviluppata a causa di fenomeni carsici che convogliano le acque in cavità sotterranee anche molto profonde. Inoltre il litorale presenta una serie di incisioni torrentizie i cui letti risultano essere in forte pendenza e sotto il livello del mare tanto da provocare l’infiltrazione di acqua marina nell’entroterra come nel caso di porto Badisco (Otranto) e del canale del Ciolo (Tricase); in altri casi il dislivello tra acque marine e idrografia sotterranea a favorito lo sviluppo di sorgenti sulfuree come nel caso di S. Cesarea.
La maggior parte dei corsi d’acqua interessa invece la zona di Otranto dove scorre l’Idro che prima di sfociare nel porto di Otranto si dirama in due tronchi, uno scorre a N-E di Giurdigano ed è detto Carlomagno, l’altro detto S. Giuseppe scorre nel fondo della valle.
A N-O di Otranto si trovano due bacini, noti come laghi Alimini e rispettivamente Limini Grande e Limini Piccolo, disposti con orientamento N-S e collegati da un canale; il primo dei due sfocia a mare e presenta un’alta salinità.
5 AURIEMMA 2004 a, p. 19.
1.2 Geomorfologia del territorio di Porto Badisco
L’insenatura di Porto Badisco, lungo il tratto di costa adriatica compreso tra Otranto e S. Cesarea, rappresenta “la parte terminale di una grande incisione torrentizia”, aperta a sud-est e conclusa da una spiaggetta artificiale6 sul fondo; protetta dai venti del III e del IV quadrante risulta essere uno dei pochi approdi naturali presenti sulla costa adriatica.
La formazione dell’insenatura è da ricondurre “alla parziale sommersione di una valle fluviale denominata il Canalone”7 sviluppatasi forse cento mila anni fa con un livello del mare 20 m più in basso di quello attuale; questa valle prosegue verso l’interno con andamento NO-SE configurandosi come una via di collegamento con l’entroterra;
Il territorio di Badisco presenta una successione stratigrafica preneogenica in cui sono visibili diverse formazioni geologiche8. Quella più antica, da riferire al Cretaceo superiore, visibile in prossimità della linea di riva è composta da calcari bianchi stratificati caratterizzati dalla presenza di rudiste (resti fossili di un mollusco bivalve);
6 In origine un ambiente paludoso poi modificato da opere di bonifica realizzate tra gli anni 20-30 del XIX secolo.
7 SANSÒ 2011.
8 ZEZZA 2003, p. 10.
questi calcari sono coperti a loro volta da rocce calcaree, dette Calcari di Castro, che sono il risultato della formazione di una scogliera corallina sviluppatasi sul margine orientale della penisola salentina circa venticinque milioni di anni fa; alcuni milioni di anni dopo su questo strato si depositarono delle sabbie calcaree trasformate da processi di diagenesi in rocce calcarenitiche (formazione delle Calcareniti di Porto Badisco) che si contraddistinguono per la presenza di numerosi resti di macroforamiferi9.
Nelle rocce calcaree del lato settentrionale della spiaggia scorre una piccola sorgente costiera visibile sulla linea di battigia e originata dalla falda carsica presente nel sotto suolo della penisola salentina. In particolare tutta l’area della spiaggetta fino ai primi decenni del XX seolo era caratterizzata da un’ambiente paludoso poi bonificato intorno agli anni 40’. Un’altra zona caratterizzata da sorgenti affioranti nel banco di roccia calcarea è stata rilevata nel corso della ricognizione su una terrazza rocciosa a sud-est dalla masseria Consalvi, detta Grottelle (cfr. scheda 40).
Al carsismo sono da riferire le numerose grotte che caratterizzano il territorio di Badisco e quello circostante. Oltre alla famosa Grotta dei Cervi, altre cavità naturali si aprono lungo i fianchi del vallone e sul promontorio alle spalle di Badisco; proseguendo verso sud sono presenti diverse grotte, marine e non, alcune delle quali si contraddistinguono non solo per le loro caratteristiche speleologiche ma per la presenza di tracce di occupazione molto antiche come nel caso di Grotta Cosma nei pressi di S. Cesarea o di Grotta Romanelli a Castro.
La fascia di costa compresa tra l’insenatura di porto Badisco a sud e la torre di S. Emiliano a nord è caratterizzata dalla presenza di un accumulo di blocchi rocciosi di grosse dimensioni ampio 30 m e che si sviluppa per 2.5 km seguendo la linea di costa ad una distanza variabile tra 15 e 40 m. L’analisi “degli assi di embriciatura e della disposizione dei blocchi di forma allungata indica che il treno d’onde responsabile della formazione dell’accumulo proveniva da SSE”10. Datazioni assolute con il metodo del radiocarbonio eseguite su conchiglie di molluschi marini ritrovate all’interno dell’accumulo fissano la formazione di questo deposito detritico negli ultimi tre secoli e indicano come principale responsabile il terremoto del 20 febbraio 1743 che interessò tutto il Salento e con epicentro a pochi chilometri a S-E di Otranto.11
9 SANSÒ 2011, p. 14-18.
10 SANSÒ, SELLERI 2010, pp. 148-149.
11 SANSÒ, SELLERI 2010.
1.3 Variazioni della linea di costa
Le principali informazioni sulle variazioni del livello del mare per la costa adriatica agli inizi dell’Olocene provengono dai depositi della Grotta Romanelli (8 m s.l.m.), a nord di Castro.
Dalle indagini paleografiche è stato possibile stabilire che durante l’ultima glaciazione del Quaternario (WURM III), tra 15.000 e 12.000 anni fa, la costa adriatica si estendeva 15 km più ad est di quella attuale con un livello del mare a -120 m. Il deposito più alto di grotta Romanelli mostra come intorno ai 10.600 anni fa la linea di riva si estendeva 5-7 km rispetto a quella odierna e con una profondità di 50 m12.
Terminata la fase di glaciazione si ebbe un sensibile aumento delle temperature che comportò il progressivo scioglimento dei ghiacciai e il conseguente aumento del livello del mare. Questa risalita si bloccò intorno ai 6.500-6.000 anni fa con una fase di stazionamento caratterizzata lungo la fascia costiera dalla formazione di cordini dunari. A questa fase ha poi fatto seguito un graduale innalzamento fino al livello attuale. Durante questo periodo comunque si registrano periodi di micro-regressione alternati a periodi di micro-ingressione13. In particolare considerando dati di ordine tettonico si desume che dopo la fase di stazionamento dell’Olocene medio il livello del mare tornò ad abbassarsi di qualche metro raggiungendo un “minimo regressivo di -3 m in epoca greco romana”14.
All’inizio del medioevo si registra una ripresa dell’innalzamento del livello del mare che dura fino all’inizio dell’età Moderna; a partire da questo momento inizi una serie di oscillazioni negative dovute ad un periodo particolarmente rigido che durò fino alla metà del XIX secolo. A partire dal XX secolo si registra una graduale risalita del livello del mare.
12 AURIEMMA 2004 a, pp. 22-30.
13 MASTRONUZZI, SANSÒ 2002 b.
14 AURIEMMA 2004 a, p. 23.
2 Storia degli studi
Nel territorio compreso tra Porto Badisco (Otranto) e S. Cesarea, oggetto di indagine in questo lavoro e corrispondente al foglio IGM 215 III SO, la zona di Porto Badisco è senza dubbio quella più ricca di testimonianze storico-archeologiche.
Tra i primi a descrivere questo comprensorio troviamo il Marciano che ci descrive Vadisco come “piccola ed anemissima valle vestita di oliveti, dalla quale trascorrono nel mare alcuni ruscelli di acque ov’è il Porticello, ricovero di piccoli vascelli (dal Galateo)…Quivi si fermò una parte dell’armata del turco quando venne e prese la città d’Otranto, stando l’altra parte nella prima gola d’Orte”15. A questa prima semplice descrizione seguono quelle di studiosi come il De Giorgi e lo Stasi, tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, i quali però si limitarono alla sola segnalazione di alcune evidenze storico archeologiche come la torre di Badisco (distrutta) o la presenza di frammenti fittili neolitici nella zona compresa “la torre e il seno di Porto Russo”16; allo Stasi si deve anche l’esplorazione e lo scavo dei depositi nei primi 50 m del cunicolo dei Diavoli.
Ma è solo nella seconda metà del secolo scorso che a Porto Badisco e nel territorio circostante hanno avuto inizio indagini più approfondite.
L’impulso principale per l’avvio di queste ricerche fu dato dalla scoperta, da parte del gruppo speleologico P. de Lorentiis, nel Febbraio del 1970 della cosiddetta Grotta dei Cervi che rappresenta uno dei complessi pittorici neolitici più importanti d’Europa.
Solo questa meriterebbe alcuni capitoli a parte sia per la sua importanza artistica e archeologica sia per quanto riguarda la storia degli studi e delle ricerche che dall’anno della scoperta fino ai giorni nostri hanno visto avvicendarsi diversi specialisti anche di ambiti disciplinari diversi.
Le principali attività d’indagine della grotta sono state coordinate sin dai primi anni dalla Soprintendenza Archeologica di Taranto.
In particolare durante le prime fasi di ricerca, avviate sotto la guida del soprintendente F.G. Lo Porto subito dopo la scoperta, furono realizzati i primi rilievi e planimetrie delle cavità insieme ai rilevamenti e alla documentazione fotografica delle pitture oltre che allo scavo stratigrafico dell’antegrotta che dimostrò da subito l’importanza e la complessità del deposito archeologico17.
A dieci anni dalla scoperta un primo risultato, forse il più importante nella storia degli studi della grotta, fu la pubblicazione nel 1980 di una monografia di Paolo Graziosi, nella quale lo studioso, oltre a presentare questo santuario dell’arte neolitica alla comunità scientifica internazionale, fornì la descrizione, l’interpretazione e la definizione cronologico-culturale del repertorio iconografico presente nei cunicoli della grotta18. A tutto questo aggiunse un elenco di progetti operativi da intraprendere nello studio della grotta.
15 MARCIANO 1855, p. 375.
16 DE GIORGI 1884, p. 284.
17 LO PORTO 1970, pp. 525-526.
18 GRAZIOSI 1980, p. 32.
L’anno successivo sempre grazie a Graziosi fu intrapreso un progetto di ricerca dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, con il benestare della soprintendenza, che portò ad indagare i vari livelli pleistocenici e olocenici (A, B, C, D) presenti nelle cavità; in particolare i saggi nel deposito pleistocenico A furono condotti da Graziosi con la collaborazione di M. Guerri, quelli nei livelli olocenici furono affidati a G. Cremonesi e ad A. Vigliardi19.
Nel 1983 ulteriori ricerche furono condotte da G. Cremonesi nei depositi della cavità A dove furono individuati resti di facies Serra d’Alto e Diana20; sempre in questa cavità fu confermata la presenza di industrie litiche del Paleolitico superiore.
L’anno successivo fu avviata una breve campagna di scavo che interessò il livello pleistocenico più basso della sequenza stratigrafica della cavità D, tale livello fu datato al Paleolitico Superiore.21
Nel 1985 A. Vigliardi, con la collaborazione di A. Revendin, condusse un saggio su una porzione di deposito all’estremità opposta dell’ingresso della cavità D, identificando un focolare con ammassi di grani carbonizzati insieme a ceramica neolitica di tipo figulino, bicroma e tricroma22.
Le ricerche negli anni successivi furono condotte da M. Guerri, la quale dedicò al repertorio iconografico di Badisco un intervento nell’ambito della XXXVIII Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria svoltasi nel 1989 a Firenze in memoria di Graziosi (scomparso nel 1986)23. A questo poi seguirono altri contributi nel 1990 con la segnalazione di pozzetti con deposito antropico in cunicolo alla fine del III corridoio (danneggiati gravemente da scavi clandestini l’anno successivo)24 e il ritrovamento di un teschio lungo il cunicolo che immette nel primo corridoio con pitture25.
Nel 1996 si collocano gli ultimi interventi di M. Guerri che portarono alla documentazione di uno dei falsi pittorici individuato già nel 1988 alla fine della zona VI del II corridoio e alla revisione stratigrafica dei rilievi presso l’ingresso D della grotta26.
Negli anni successivi le ricerche continuarono in modo discontinuo sotto la direzione di M. Gorgoglione per conto della Soprintendenza Archeologica di Taranto; in particolare furono programmati tre piani diversi di intervento: indagine topografica del comprensorio, progetto di fruizione della grotta, indagini tecnico scientifiche (ricognizione geofisica, conservazione microclima)27. Di questi tre, solo il primo è stato avviato e condotto da D. Coppola (Università Tor Vergata, Roma) nel corso del 2000. La ricognizione topografica ha evidenziato la presenza di depositi archeologici con materiali neolitici ed eneolitici in una cavità pochi chilometri a ovest della Grotta dei Cervi28. Queste indagini hanno interessato anche il promontorio a sud dell’insenatura
19 GRAZIOSI et alii 1981.
20 CREMONESI 1984.
21 GUERRI 1984, pp. 349-351.
22 REVENDIN 1985-86.
23 GUERRI 1992 b, pp. 317-326.
24 GUERRI 1992 a, pp. 246-248.
25 GUERRI 1991, p. 232.
26 GUERRI 1998, pp. 629-634.
27 GORGOGLIONE 1999, p. 157.
28 COPPOLA 2000, pp. 35-37.
detta Tagliate dove da un lato hanno attestato la presenza di materiali preistorici e dall’altro hanno confermato la presenza di un insediamento protostorico che sembrerebbe “delimitato da un aggere che dalla zona delle Tagliate raggiunge l’insenatura di Porto Russo”29 e verso il quale tutte le scalinate, ricavate dalla roccia sempre nella zona delle Tagliate, sembrano convergere.
Ritornando alla grotta dei Cervi gli ultimi anni sono stati caratterizzati da uno stato di abbandono delle ricerche e da ipotesi interpretative spesso discutibili come nel caso di quella che vede nell’immagine dello “sciamano” una riproduzione dell’insenatura e dell’entroterra di Porto Badisco30. Meno fantasiosa sembrerebbe l’ipotesi formulata da M.L. Leone che ricollega le produzioni artistiche della grotta dei Cervi a percezioni extrasensoriali (visioni e allucinazioni) vissute durante uno stato modificato di coscienza (SMC). Tale considerazione si basa sulla similitudine tra i motivi iconografici della grotta e i fosfeni, cioè forme geometriche e regolari visibili con gli occhi in determinate situazioni neurologiche (prolungata assenza di stimoli visivi, assunzione sostanze allucinogene, per caduta o per la pressione dei bulbi oculari)31.
Nel corso degli ultimi anni altre indagini hanno permesso di individuare ulteriori testimonianze archeologiche nel territorio di porto Badisco, relative a diverse fasi cronologiche.
Nel 1999 durante i lavori di costruzione dell’odierna piazza Consiglio uno scavo d’emergenza condotto dall’Università di Lecce mise in luce una struttura ellenistico-romana, una sepoltura e resti di una chiesa riferibili al tardo medioevo32.
Ulteriori ricerche condotte sempre dall’Università di Lecce nell’ambito del Progetto Strategico CNR MISM 251100 hanno confermato la frequentazione del sito anche in età romana. Numerosi indizi in tal senso provengono sia da ricognizioni archeologiche condotte nel territorio alle spalle di Porto Badisco sia da ricerche e prospezioni subacquee condotte nelle acque di Porto Badisco e nel tratto di mare che porta a S. Cesarea33.
Già nel 1971 in località Pietra Mesola, a meno di un chilometro a sud dell’imbocco dell’insenatura di Porto Badisco, fu segnalato un relitto poi datato alla seconda metà del II secolo a.C. in seguito alle ricerche condotte dal Centro Sperimentale di Archeologia Sottomarina e dirette da N. Lamboglia34; nel corso di queste indagini fu individuato un altro relitto, sempre di età romana, in località Malepasso tra Porto Badisco e S. Cesarea35.
Nel corso degli ultimi vent’anni il territorio in questione è stato oggetto di diverse indagini topografiche. In particolare ricerche topografiche sulla viabilità antica condotte dall’Università degli Studi di Lecce hanno interessato una la zona dell’entroterra, compresa tra la torre di Minervino e quella di Specchia la Guardia, dove
29 COPPOLA 2000, pp. 37-37.
30 POLITI 09/05/2012.
31 LEONE 2009.
32 GORGOGLIONE 2000, pp. 34-35.
33 AURIEMMA 2004 a, b.
34 LAMBOGLIA 1974, pp. 162-165.
35 PARKER 1992, p. 384 (n°1033).
sono stati identificate alcune porzioni di limites con orientamento N-S e riferibili al sistema di divisione agraria individuato a Vaste (Poggiardo)36.
Altri lavori hanno portato invece all’identificazione del percorso stradale di età romana che collegava Otranto con Castro e riferibile secondo Uggeri al percorso stradale romano noto con il nome di via Sallentina.
In generale questo territorio se da un lato è caratterizzato da importanti e diverse evidenze archeologiche che abbracciano varie fasi cronologiche dall’altro non sembra esser stato mai indagato nel corso degli anni in modo esaustivo e sistematico; spesso alcuni interventi si sono limitati alla sola segnalazione senza comportare ulteriori indagini né concrete azioni di tutela e valorizzazione.
36 CHIOCCI, POMPILIO 1997, pp. 172-175.
3 CARTOGRAFIA
Per la conoscenza del territorio e dei percorsi più antichi un’importante categoria di documenti, anche se non equiparabili alla cartografia moderna, è costituita dagli Itineraria, redatti tra il III e il IV d.C. Anche se non equiparabili alla cartografia moderna, erano delle guide di carattere pratico contenenti elenchi di stazioni e relative distanze su determinati percorsi realizzate di solito su papiri e distinte in Itineraria Adnotata, cioè descritti, e Itineraria Picta, dipinti. I primi contengono informazioni relative ai percorsi stradali senza rappresentazioni cartografiche, che invece troviamo nel secondo gruppo caratterizzato da simboli e vignette che forniscono indicazioni sull’importanza e sul ruolo rivestito dalle singole stazioni di sosta (mansiones, mutationes e civitates).
Rappresentativi del primo gruppo sono l’Itinerarium Antonini, relativo al periodo costantiniano, e l’Itinerarium Burdigalense, connesso con i pellegrinaggi cristiani in Terrasanta nel IV d.C.; entrambi presentano percorsi che terminano nella città di Otranto, da dove partivano le rotte marittime per la Grecia37.
Fondamentale per lo studio della viabilità del Salento è la Tabula Peutingeriana38, un’itineraria picta costituito da un rotolo unico di pergamena, diviso in dodici fogli per motivi di conservazione, in cui è rappresentata la rete viaria del mondo abitabile conosciuto da Roma nel IV secolo. Giunta a noi attraverso una copia medievale databile tra XII-XIII secolo, la Tabula presenta alcuni caratteri di modernità rispetto ai documenti coevi come ad esempio l’indicazione del nord in alto.
In particolare nella tabula è rappresentata per la prima volta la Via Salentina nella sua interezza39; è illustrato, con l’indicazione delle distanze in miglia, un cursus publicus completo da riferire al IV secolo (nell’Itinerarium Antonini è omesso). Per il percorso da Taranto a Otranto è calcolata una distanza di 99 miglia40.
Un ulteriore fonte d’informazioni presente nella Tabula è costituita dal ricco repertorio illustrativo formato da 555 simboli e che integra la rappresentazione geografica41.
Sul tratto della Via Salentina si distinguono tre vignette a “doppia torre” (due edifici con tetto a doppio spiovente) corrispondenti a tre località che costituivano snodi principali di questo percorso viario: Ydrunte, Castra Minervae e Tarento. Molto probabilmente la vignetta indica la presenza di una stazione di sosta ubicata lungo questo itinerario.
La Tabula divenne un punto di riferimento per gli studi successivi nell’ambito della tradizione geografica dell’epoca.
Tra le fonti di carattere itinerario compaiono anche alcuni trattati di geografia detti cosmografie che illustrano località e distanze relative ai diversi percorsi, riportando anche informazioni sull’idrografia e orografia del territorio preso in considerazione.
37 UGGERI 1983, pp. 143-150.
38 Il suo nome deriva da K. Peutinger, dignitario di Augusta, che, entrato in possesso del documento nel 1507, decise di pubblicarlo.
39 TABULA VI, 2.
40 Per i territori dell’impero è usato il miglio romano di 1000 passi doppi (mille passus) pari a 1482 m.
41 MAGINI 2003, pp. 7-15.
Tra le cosmografie più note sono da ricordare quella dell’Anonimo Ravennate (670-700 d.C.) e quella di Guidone d’Arezzo (XII secolo)42. La prima è composta di cinque libri che rappresentano un inquadramento generale dell’Asia, dell’Africa, dell’Europa e del Mediterraneo. Il Salento è citato in due passi, uno relativo al periplo dell’Italia (IV 31) e l’altro connesso al periplo del Mediterraneo (V 1); entrambi presentano un elenco di località ubicate lungo i tragitti costieri.
L’opera del geografo normanno Guidone d’Arezzo intitolata Geographica è articolata in sei libri, di cui i primi tre di carattere geografico mentre i restanti presentano un taglio storico e mitico.
Della penisola salentina Guidone fornisce particolari di carattere itinerario indicando le città, con il toponimo usato in epoca normanna, situate lungo il litorale.
Un contributo allo sviluppo della cartografia si deve inoltre ai geografi musulmani; in particolare con il sorgere della potenza turca e il predominio ottomano nel Mediterraneo orientale, la cartografia divenne “una scienza pratica basata soprattutto sull’evidenza oltre che sulle conoscenze precedenti dei geografi arabi ed europei”43.
Il più importante cartografo ottomano fu Piri Reis, nipote dell’ammiraglio Kemal Reis con il quale navigò al servizio della marina ottomana percorrendo le coste del Mediterraneo negli ultimi decenni del XV secolo. Quest’attività li permise di vedere e studiare coste e porti del Mediterraneo eseguendo numerosi schizzi e disegni.
L’opera più importante di Piri Reis è il Kitab i Bahriyye (Il libro del mare), un portolano del Mediterraneo e del Mar Nero, composto in due versioni nel 1521 e nel 1526.
La prima stesura comprendeva 132 carte piuttosto sommarie e stilizzate, con una scarsa attenzione al disegno.
Nella descrizione del periplo dell’Italia, dal nord dell’Adriatico sino all’Alto Tirreno, le descrizioni diventano più dettagliate man mano che si avvicinano a Sud, zona d’interesse della marineria ottomana nonché meta dei numerosi viaggi di Piri Reis; in particolare le quattro carte relative alla penisola salentina risultano essere le più accurate.
In queste carte compaiono le città-porto di Brindisi (sherhr-i Brindis), Otranto (qal’e-i Otorante), conquistata dai turchi nell’agosto del 1480, e Gallipoli (shehr Puliye Kalibusi), detta di Puglia per distinguerla dalla Gallipoli di Turchia (città natale di Piri Reis).
Oltre a queste sono rappresentate Lecce (qal’ e-i Lec) con il suo scalo a mare (iskaliya Lec), il borgo di Roca Vecchia (qal’e la Roqa), il borgo di Tricase (qal’e Triqaze) e il capo di Santa Maria di Leuca (qavo Santa Marya); l’itinerario pugliese si concludeva a Taranto (qal’e-i Tarente)44.
La seconda stesura del 1526 è più curata nel testo e nella grafica, furono aggiunti un’introduzione e un epilogo in versi e il numero delle carte fu portato da 132 a 215.
Se la prima edizione aveva un carattere pratico e un uso comune, la seconda era destinata a collezionisti e bibliofili.
42 UGGERI 1983, pp. 155-178.
43 SALIERNO 2010, p. 3.
44 SALIERNO 2010, p. 40.
Continuando il discorso sulla cartografia bisogna aspettare il XVII secolo per vedere la nascita di una tradizione cartografica pugliese, infatti è in questo secolo che sono elaborate le prime cartografie regionali, le quali mantengono ancora una rappresentazione simbolica del territorio con vignette e simboli impiegati per indicare i centri abitati e la morfologia del territorio.
Una delle prime rappresentazioni della Puglia risale al 1620 ed è costituita dall’Atlante dell’Italia di Giovanni Antonio Magini. In questa carta è presente una raffigurazione simbolica dei rilievi, delle città e delle torri costiere dislocate lungo il litorale salentino. In particolare sul versante orientale è citata la torre di Vadisco, compresa tra quella della Palascia a nord e quella si torre feudo a sud, descritta dal De Giorgi nei primi anni del Novecento e oggi non più visibile; la torre continuerà ad essere rappresentata nella cartografia posteriore a quella del Magini almeno fino alla fine del XIX secolo.
È solo a partire dal XVIII secolo che le rappresentazioni geografiche iniziano a presentare altri elementi indicativi come lo sviluppo degli assi stradali principali.
Per quanto riguarda la penisola salentina, l’illustrazione è ancora piuttosto schematica come nel caso de Il regno di Napoli in prospettiva edito nel 1703 da Giovanni Battista Pacichelli, l’Atlante di Domenico de Rossi (Roma 1714) e l’Atlante di Antonio Zatta (Venezia 1783); in queste opere la rete viaria salentina termina a Otranto.
Durante l’Ottocento grazie all’apporto dei nuovi metodi di rilevamento la cartografia inizia ad avere una maggiore coerenza con i dati del territorio.
A Giovanni Antonio Rizzi Zannoni si deve l’elaborazione di una rappresentazione geografica dettagliata del territorio pugliese in cui compaiono informazioni relative ai percorsi locali e in particolare dell’itinerario costiero salentino. La città di Otranto è rappresentata come un importante nodo di raccordo d’itinerari ufficiali provenienti da Brindisi e percorsi locali diretti verso i centri dell’interno oppure verso il capo di Leuca.
La rete viaria salentina compare anche nell’Atlante Sallentino redatto nel 1807 da Giuseppe Pacelli.
Ulteriori notizie sul territorio e sulla rete stradale salentina compaiono nella carta della Provincia di Terra d’Otranto elaborata nel 1851 da Benedetto Marzolla. Rappresentata con una scala di 1:280.000, questa carta comprende oltre all’illustrazione della rete viaria anche una legenda in cui sono elencate tutte le diocesi (divise per distretti) della Provincia insieme a notizie di carattere storico, economico e amministrativo.
Ancora più esaustiva appare la Carta topografica della Provincia di Lecce creata da Cosimo De Giorgi nel 1882, in cui è illustrata in modo dettagliato la rete viaria salentina.
Di particolare interesse sono alcune carte nautiche storiche, tra cui una carta di cabotaggio del Regno delle Due Sicilie redatta nel 1834 e una carta nautica realizzata nel 1873 in seguito ad una spedizione idrografica Di particolare interesse risultano alcune carte nautiche storiche, tra cui una carta di cabotaggio del Regno delle Due Sicilie redatta nel 1834 ed una carta nautica realizzata nel 1873 in seguito ad una spedizione idrografica guidata dal capo di vascello A. Imbert45.
45 CASESI 2005, p. 34.
Di notevole importanza per la conoscenza della toponomastica e della morfologia del territorio sono i rilievi dell’Istituto Topografico Militare (I.T.M.) del 1874 in scala 1:50.000 e quelli più recenti dell’Istituto Geografico Militare (I.G.M.) in scala 1:25.000.
4 VIABILITÀ
Nella penisola salentina già durante il Paleolitico dovevano essere presenti una serie di percorsi che permettevano lo scambio di materie prime anche se pare azzardato ipotizzare un quadro preciso dei collegamenti in età preistorica; per questo periodo sono documentate una serie di officine litiche che dovevano fungere da snodi principali lungo i vari percorsi, ad esempio l’officina litica di Arnesano “la Cupa” per l’interno e quelle di Lardignano, nei pressi di Ostuni, e Torre Testa a Brindisi per i percorsi sul versante costiero46.
La rete viaria durante la fase preromana rispondeva a criteri influenzati dalle caratteristiche geomorfologiche del territorio e da precise condizioni economiche e sociali che costituivano la base dei traffici commerciali.
In assenza di fonti scritte locali, questi antichi tragitti, che collegavano i centri dell’interno con le città costiere, sono stati ipotizzati sulla base delle sopravvivenze stradali successive.
Sulla base delle evidenze note, relative ai centri più importanti della Messapia, è stata proposta l’esistenza di una maglia viaria che si dipartiva in due direttrici, una perimetrale e una costiera, realizzando una rete di percorsi che sembra sopravvivere nelle tracce della viabilità romana47.
Oltre a queste direttrici principali la maglia viaria messapica comprendeva anche percorsi più limitati e circoscritti che servivano a collegare i centri più grandi con i vicini luoghi di produzione e approvvigionamento delle merci. Inoltre da ogni centro partivano a raggiera dei percorsi, lunghi pochi chilometri, che raggiungevano le varie contrade rurali48.
Questi itinerari erano dei semplici percorsi su fondo naturale, percorribili a piedi e solo in pochi tratti carrozzabili, derivati dal passaggio prolungato delle bestie da soma. È solo a partire dall’occupazione romana che vediamo svilupparsi tracciati dotati di un fondo artificiale.
La rete stradale romana presente nel territorio apulo fu impostata sulla preesistente maglia viaria, infatti la romanizzazione del Salento comportò la regolarizzazione di questi tracciati49.
Nelle comunicazioni con l’Italia meridionale, le città di Brindisi e Benevento costituivano i due snodi principali da cui si dipartivano le principali vie provenienti dal Lazio e dalla Campania.
Da Benevento partivano verso la Puglia le due arterie stradali romane che attraversavano la regione: la via Appia e la via Minucia.
La via Appia, dal nome del noto censore Appio Claudio Cieco che la inaugurò nel 312 a.C., collegava Roma con Capua e rappresentava la principale via di collegamento tra Roma e l’Oriente; dopo la discesa di Pirro in Italia meridionale la strada fu estesa fino a raggiungere prima la località di Benevento nel 268 a.C., poi Venosa, Taranto e infine Brindisi.
Nonostante il declino in età Traianea, la via Appia continuò ad essere utilizzata e migliorata in età Costantiniana, durante i regni di Giuliano l’Apostata e Teodorico (VI d.C.); in particolare “il tratto Taranto-Brindisi ha continuato a svolgere la sua funzione da età tardoantica fini ad oggi”50.
La via Minucia commissionata dal console Marco Minucio Rufo nel 226 a.C. e inglobata in seguito nella via Traiana, proveniva da Aufidena-Aesernia; raggiunto il territorio apulo si diramava in tre direzioni: verso nord raggiungeva Aecae e Luceria, ad est il porto di Siponto, a sud attraversava la regione passando per Canosa fino ad arrivare ad Egnatia, da qui confluiva nella via marittima che portava a Brindisi per poi proseguire lungo il versante adriatico51.
46 NOVEMBRE 1971, p. 22.
47 UGGERI 1983.
48 UGGERI 1983, p.73.
49 AURIEMMA 2004, p. 322.
50 AURIEMMA 2004, p. 337; UGGERI 1983, pp. 189-190.
51 CASESI 2005, p. 62; UGGERI 1983, pp. 229-230.
Un’altra via publica di età repubblicana è la via Gellia, dal nome del pretore a cui si deve la realizzazione, identificata grazie a due cippi miliari segnalati durante dei lavori di costruzione di un edificio industriale tra Modugno e Bari nel 1970 e andati perduti nel ccorso degli stessi lavori52. Studi recenti hanno smentito le ipotesi iniziali che vedevano nella via Gellia un’asse di collegamento tra Canosa e Bari, considerando più plausibile associarla all’asse stradale Egnatia-Barium-Butuntum.; comunque anche questa considerazione resta soltanto un’ipotesi in mancanza di ulteriori riscontri che possano permettere un’identificazione sicura53.
Altro importante asse viario, impostato su percorsi preesistenti, fu la via Traiana costruita dall’omonimo imperatore e proclamata via publica nel 109 d.C.; questo tracciato, realizzato per collegare Benevento con Brindisi, rappresentava un percorso alternativo a quello più interno della via Appia e divenne rapidamente “il più importante asse stradale di attraversamento della Puglia settentrionale e centrale”54. Partendo dall’arco monumentale di Traiano a Benevento la via Traiana passava per Aequum Tuticum (nei pressi di Savignano Irpini), Aecae (Troia), Herdonea (Ordona), Canusium (Canosa), Rubi (Ruvo di Puglia), Butuntum (Bitonto), Barium (Bari), Egnatia (Egnazia) per poi arrivare a Brindisi, tappa fondamentale per le comunicazioni con l’Oriente e la regione balcanica55; complessivamente copriva una distanza di 207 miglia (circa 300 Km)56.
Un altro percorso, considerato un prolungamento della via Traiana anche se anteriore a questo, è la via antica che percorreva la costa calabra collegando Brundisium con Lupiae terminando a Otranto, di cui però non ci è pervenuta nessuna indicazione sulla sua denominazione antica57; l’utilizzo di questo asse sembra continuare nei secoli successivi, in particolare appare ancora fondamentale per lo spostamento delle truppe durante la guerra greco-gotica del VI secolo d.C. ed è menzionato per l’ultima volta in una fonte itineraria del XII secolo58.
È indicata convenzionalmente con il nome di via Salentina invece la strada romana paralitoranea, presente nella Tabula Peutingeriana59, che partendo da Otranto proseguiva lungo la costa salentina toccando le città di Castro, Vereto e Leuca (promontorio Iapigio) e proseguendo sul versante ionico quelle di Ugento, Alezio, Nereto e infine Taranto. In particolare il percorso (Scheda 18) che corre tangente, in direzione NO, alla masseria Consalvi potrebbe rappresentare un’appendice dell’ultima tappa della via Salentina che collegava Castro con Otranto e che passava a circa duecento metri ad ovest del centro abitato di Cerfignano60.
Altre testimonianze della presenza romana nel Salento sono rappresentate dalle sopravvivenze del sistema di divisione agraria “articolato sul modulo della centuria di 20 actus di lato, che abbraccia tutta la penisola salentina”61. In particolare questo è visibile nei territori di Lecce, nei pressi di Soleto e nella zona di Capo S. Maria di Leuca dove è stato individuato un sistema di divisione impostato su centurie regolari di venti actus.
Nella zona a sud-est di Lecce, in particolare nei territori di Vaste-Muro, sono stati rilevati invece i resti di uno schema basato su quadrati con il lato costituito da cinque centurie normali e privi di suddivisioni interne; in questo modo si creavano quintarii perpendicolari che
52 UGGERI 1983, p. 231-232.
53 CERAUDO 2008, pp. 187-203.
54 CERAUDO 2003, p. 449. (449-453).
55 SIRAGO1993, p. 234.
56 CERAUDO 2003, pp. 449-450.
57 UGGERI 1983, pp. 265-290.
58 UGGERI 1983, p. 272.
59 TABULA VI, 5.
60 UGGERI 1983, p. 306.
61 POMPILIO 2003, p. 475.
delimitavano saltus di venticinque centurie62. Forse proprio a questo sistema partizione catastale appartengono i resti di un limites63 segnalati a sud-est del centro abitato di Cerfignano (S. Cesarea) in corrispondenza dell’area “Mortille” (I.G.M. 215 III SO); dopo una breve interruzione questo è di nuovo visibile poco più a sud, nei pressi della zona detta “Sportelle” (Scheda 23).
L’intero sistema è stato attribuito ad età Graccana “sulla base della nota del Liber Coloniarum che riferisce di divisioni effettuate limitibus graccanis”64.
62 CHIOCCI, POMPILIO 1997, pp. 159-175.
63 GUAITOLI 1997, vol. 1.2, tav. VI.
64 CHIOCCI, POMPILIO 1997, p. 162.
CAPITOLO 5
Sintesi storico-topografica
Età Preistorica
Nell’area oggetto di studio, corrispondente alla Tavoletta I.G.M. 215 III SO e compresa tra Porto Badisco (Otranto) a nord e S. Cesarea Terme a sud, sono presenti diverse evidenze relative al Paleolitico Superiore (35.000-10.000 anni fa); le tracce più evidenti provengono da alcuni depositi scavati all’interno delle cavità che compongono la grotta dei Cervi (Scheda 1), situata sul costone settentrionale dell’insenatura di Porto Badisco (Otranto).
In particolare industrie litiche riferibili a questo periodo sono segnalate nei depositi della cavità A, scavati nel 1984 da G. Cremonesi65; allo stesso periodo è stato datato il livello pleistocenico più basso presente nella sequenza stratigrafica della cavità D, indagata sempre nel corso del 1984 da M. Guerri66.
Altre tracce di frequentazione riferibili a questa fase provengono dal promontorio a sud dell’insenatura detta “le Tajate” (Scheda 9) dove il De Giorgi ricorda la presenza di “terrecotte preistoriche in abbondanza”67; da un complesso di cavità presenti sulla tratto di costa meridionale all’imbocco dell’insenatura (Scheda 8) provengono livelli stratificati con “resti sparsi pleistocenici”68.
Tutti questi elementi permettono di ipotizzare un’occupazione di quest’area durante il Paleolitico superiore, in particolare delle cavità costiere, coerentemente a quanto dimostrato per altre realtà locali come ad esempio grotta Romanelli a Castro.
Molto probabilmente questa zona presentava condizioni ambientali favorevoli ed adeguate fonti di approvvigionamento visto che la sua frequentazione continuò anche in età Neolitica.
Le testimonianze più importanti provengono ancora una volta dalla Grotta dei Cervi (Scheda 1),
che si configura come “il più importante monumento dell’arte parietale neolitica in Europa”69. Evidenze riferibili all’età neolitica provengono dagli scavi stratigrafici nella parte antistante la grotta dove sono stati rilevati livelli riferibili al Neolitico medio-recente (facies Passo di Corvo, Serra d’Alto e Diana)70.
Una conferma a questi dati proviene dal confronto stilistico tra alcuni motivi astratti del repertorio iconografico della grotta e le ceramiche dello stile Serra d’Alto. Comunque questo sito non è il solo, nel territorio oggetto di indagine, a presentare evidenze riferibili al Neolitico.
Ulteriori tracce di età neolitica, relazionabili con la vicina Grotta dei Cervi, provengono da un’altra cavità che si apre ai margini del canalone alle spalle di Porto Badisco, la
65 CREMONESI 1984.
66 GUERRI 1984, pp. 349-351.
67 DE GIORGI 1884, p. 282.
68 COPPOLA 2000, p. 36.
69 PESSINA, TINÈ 2008, p. 265.
70 GUERRI 1991, p.232.
Grotta del Mammino (Scheda 3). All’interno di un cunicolo di questa grotta sono stati recuperati frammenti in ceramica d’impasto riferibili al Neolitico71.
Materiali simili provengono anche da un cunicolo, detto dei Diavoli (Scheda 2), che si apre lungo la parte bassa del costone settentrionale che delimita la spiaggia artificiale in cui termina l’insenatura di Badisco72.
Più a sud, in zona porto Russo, la presenza di fondi di capanne riferibili al Neolitico (Scheda 10) permetterebbe di ipotizzare l’esistenza di un insediamento che troverebbe nella vicina grotta dei Cervi il punto di riferimento per quanto riguarda le pratiche cultuali attestate in questo periodo e accertate per questa grotta in coerenza con altri siti del Neolitico italiano73.
Sempre nei siti precedentemente citati sono attestate testimonianze riferibili all’Eneolitico, che confermano una continuità di frequentazione nel corso delle ultime fasi della preistoria. Infatti altre evidenze cronologicamente coerenti provengono da zone situate a sud di Porto Badisco (Otranto), come nel caso di un’area alle spalle della Torre di Minervino (Scheda 19) nel territorio comunale di Santa Cesarea Terme, dove sono segnalati frammenti fittili ascrivibili al Neolitico e all’Eneolitico74.
All’età Preistorica vengono riferiti alcuni megaliti peculiari del territorio pugliese, costituiti da accumuli di terra e pietrame, denominati Specchie.
Traggono il loro nome da un toponimo locale di incerta etimologia; l’ipotesi più accreditata sostiene una derivazione del termine dialettale dal latino specula (luogo eminente, punto di vedetta)75. Dietro questo termine si nasconde una molteplicità di manufatti litici, tutti caratterizzati da un cumulo esterno ma “profondamente eterogenei per struttura interna, per origine e provenienza, per significato e destinazione”76. Alcune rappresentano dei tumuli funerari a camera ipogeica riferibili all’Eneolitico avanzato, come nei casi di Salve, Vanze-Acquarica di Lecce77; altre, spesso situate in punti strategici, sono state “”interpretate come appostamenti cultuali o luoghi di vedetta di età tardo-protostorica o arcaica”78
Difficile da inquadrare nell’una o nell’altra categoria è la cosiddetta Specchia Cristi, situata a est di Cerfignano (S. Cesarea). Attualmente il tumulo di pietre si presenta disperso su una superfice circolare di m 10 c. lungo un terreno a c. 50 m a sud dalla strada vicinale Masseria Piccola.
Probabilmente la distruzione del tumulo è da ricollegare alla costruzione, avvenuta nel secondo dopoguerra, della stazione trigonometrica costituita da una torretta impostata proprio sul cumulo di pietre presente in questo terreno.
In particolare nella tavoletta I.G.M. 215 III SO il punto geodetico coinciderebbe con la zona dove si presume fosse localizzata la specchia.
71 COPPOLA 2000, p. 37.
72 STASI 1906, pp. 17-25.
73PESSINA, TINÈ 2008, p. 265.
74VALCHERA, ZAMPOLINI FAUSTINI 1997, p. 111 (2361).
75 COLUCCIA, MERICO 2009, pp.74-81.
76 NEGLIA 1970, p. 10.
77 COLUCCIA, MERICO 2009, pp.74-81.
78 COLUCCIA, MERICO 2009, p.78.
Età Protostorica
Porto Badisco rappresenta un caso particolare, nel quadro della distribuzione degli insediamenti protostorici salentini, infatti la frequentazione protostorica interessa non solo aree adiacenti l’approdo ma anche piccoli nuclei sparsi in grotta79.
Oltre al villaggio dell’età del Bronzo situato sul promontorio a sud dell’insenatura di Porto Badisco (Scheda 9), indiziato dalla “presenza sul promontorio e sulle scarpate di resti di deposito archeologico, con fondo di capanna che affiora dal margine dilavato”80, altre evidenze protostoriche provengono sia dal terrazzo roccioso alle spalle del comprensorio (Schede 13, 14, 17) dove sono segnalati impasti dell’età del Bronzo sia dal pianoro superiore alle spalle della masseria Consalvi (Scheda 16); altre testimonianze sono state rilevate nelle vicinanze di alcune cavità che si aprono lungo il medesimo costone roccioso81 (Scheda 12).
Per quest’area la frequentazione non sembra cessare nel Bronzo recente e finale, come accade invece per altri nuclei e grotte presenti nella penisola salentina, come ad esempio quelle presenti sulle pendici sud occidentali della collina di Otranto82.
Da un complesso carsico più a sud, nel territorio di S. Cesarea Terme, provengono altre tracce di frequentazione protostorica; infatti nella grotta “Ignazio Spagnolo” (Scheda 21) sono segnalati frammenti fittili della media età del Bronzo83.
Anche per questo territorio sembrerebbe confermata una tendenza caratteristica di tutta la penisola salentina nell’età del Bronzo e nella prima età del Ferro, quella di occupare porzioni di territorio lungo la costa dove vediamo sorgere insediamenti, anche fortificati e distanti pochi chilometri, compresi tra una o due insenature84.
VI-V sec. a.C.
Indagini recenti, in particolare prospezioni subacquee, indicherebbero una frequentazione del comprensorio di Porto Badisco anche in età arcaica.
Nei pressi della punta meridionale all’ingresso dell’insenatura, una concentrazione di frammenti di anfore di fine VI sec. a.C. (Scheda 32) ha permesso di ipotizzare la presenza di un relitto corinzio-corcirese in relazione forse all’utilizzo dell’approdo in questa fase85. Questo utilizzo non sembra però indiziato da altri elementi, quindi sarebbe più opportuno associare la presenza di questo relitto a rotte di cabotaggio piuttosto che ad una frequentazione dell’approdo.
IV-III sec. a.C.
Più consistenti sono le tracce di età messapica. Sul terrazzo roccioso nell’area della masseria Consalvi, alle spalle dell’insenatura di Porto Badisco, è stata accertata l’esistenza di un insediamento (Scheda 15) da cui provengono numerosi frammenti
79AURIEMMA2004 a, p. 301.
80COPPOLA 2000.
81AURIEMMA 2004 a, pp. 256-260.
82 CREMONESI 1991, p. 24-26.
83 VALCHERA, ZAMPOLINI FAUSTINI 1997, p. 111 (2362).
84 AURIEMMA 2004a, pp. 298-303.
85 AURIEMMA 2004 b, p. 121.
fittili tardo-ellenistici, a cui si aggiungono numerosi embrici e tracce di un focolare che insieme indicherebbero la presenza di una struttura.
III-I sec. a.C.
L’insediamento presente nell’area di masseria Consalvi (Scheda 15) è caratterizzato da fasi di occupazione anche in età Repubblicana come indicherebbero i frammenti di anfore recuperati in zona.
Alti Materiali fittili di età Repubblicana86 sono segnalati lungo una strada con pavimentazione di ciottoli di medio modulo (Scheda 18) che si estende per quasi un chilometro in direzione SE-NO, dall’area della masseria Consalvi fino alla zona detta “Macchia lo Bianco” nel territorio comunale di Uggiano la Chiesa.
Questo tracciato viario è forse da mettere in relazione con l’itinerario costiero di età romana che congiungeva Otranto con Castro87.
Sul promontorio che domina l’insenatura detta “Tagliate”, nei pressi dell’odierna piazza V. Consiglio, è stata messa in luce una struttura inquadrabile genericamente in età ellenistico-romana (Scheda 5) provvista di canalette per la raccolta dell’acqua88.
Con la sua insenatura protetta dai venti del III e IV quadrante, Porto Badisco in questa fase si configura come un approdo sussidiario di Otranto con funzioni di sosta e approvvigionamento89; questo sembrerebbe indiziato sia da alcune incisioni circolari presenti sempre nell’area delle “Tagliate” (Scheda 6) interpretate come bitte per l’ormeggio e attribuite ad età romana, sia da ricerche e prospezioni subacquee condotte nelle acquee antistanti l’insenatura di Porto Badisco.
In particolare in località “pietra Mesola”, poco a sud dell’ingresso dell’insenatura di Badisco è stato individuato con certezza il relitto (Scheda 33) di una nave da carico riferibile ad età Tardo-repubblicana90.
Un altro relitto, riferibile allo stesso periodo, è segnalato in zona Malepasso (Scheda 34), nella fascia costiera compresa tra Porto Badisco a nord e Santa Cesarea a sud.
Da segnalare inoltre la presenza di alcune tracce relative alla centuriazione della penisola Salentina91. A sud-est del centro abitato di Cerfignano (S. Cesarea) in corrispondenza dell’area “Mortille” (I.G.M. 215 III SO), è stata individuata una strada che ricalca probabilmente l’andamento di un limite centuriale92 (Scheda 23); dopo una breve interruzione, la strada è di nuovo visibile poco più a sud, nei pressi della zona detta “Sportelle”.
Età Imperiale
86 CASESI 2005, p. 127.
87 UGGERI 1983, pp. 305-306.
88 COPPOLA 2000, pp. 35-37.
89 AURIEMMA 2004 a, p. 320.
90 AURIEMMA 2004 b, p. 12.
91 CHIOCCI, POMPILIO 1997, pp. 159-175.
92 CHIOCCI, POMPILIO 1997, tav. VI.
Nell’area della masseria Consalvi frammenti fittili di sigillata italica, sigillata africana e produzioni anforarie della media e tarda età imperiale93(Scheda 16) indicherebbero una continuità d’uso anche in età imperiale dell’insediamento attestato in età repubblicana.
Altri materiali di età imperiale sono attestati nell’area dell’insenatura di Porto Badisco dove nel corso di prospezioni subacquee sono stati recuperati due ceppi in ferro (Scheda 30).
Età Tardoantica
Durante questa fase l’approdo di Porto Badisco continua a svolgere una funzione di scalo minore lungo le rotte marittime che portano ad Otranto, il più importante scalo dell’Adriatico meridionale durante questa fase.
Le testimonianze più consistenti vengono dai vari ritrovamenti (anfore tipo Athenaion Agorà M 273, Late Roman Amphora 1-2, Yassi Ada II) effettuati nei tratti di mare prospicienti l’insenatura (Scheda 26) e nella parte interna di questa (Scheda 28), i quali confermano per Porto Badisco un ruolo sussidiario, paragonabile a quello di Torre S. Stefano a nord di Otranto.
All’approdo di Porto Badisco doveva far riferimento probabilmente l’insediamento attestato (Scheda 16) nella terrazza rocciosa alle spalle della masseria Consalvi, a N-O del comprensorio di Porto Badisco94, indiziato da una vasta area di frammenti fittili inquadrabile in età tardo antica, con probabili fasi di occupazione anche in età altomedievale.
Una conferma dell’esistenza di un insediamento rurale o comunque della frequentazione di quest’area, proviene anche dall’asse viario tangente la masseria Consalvi, che continua ad essere utilizzato anche in questa fase.
Età medievale
Tracce consistenti riferibili alla fase medievale provengono dallo scavo di emergenza effettuato durante i lavori di sistemazione della piazza-belvedere sul promontorio che domina l’insenatura detta “Tagliate” a Porto Badisco95(Scheda 5).
I saggi compiuti nell’area hanno permesso di rilevare l’esistenza di un villaggio riferibile al XIII d.C., indiziato oltre che da abbondante ceramica d’uso domestico anche dalle fondazioni di una chiesa e da una sepoltura individuata nella medesima area.
La scarsa presenza di attestazioni di età medievale lungo la fascia costiera potrebbe essere un indizio dello spostamento degli insediamenti verso l’interno, a causa della situazione di grave instabilità del periodo.
Al XVI secolo risale la costruzione delle cinque piccole torri circolari di avvistamento costiere presenti lungo la fascia costiera tra Otranto e Santa Cesarea Terme, di cui quattro ricadono nella Tavoletta I.G.M. F. 215 III SO, diverse da quelle più imponenti costruite nello stesso periodo lungo la fascia ionica.
93 AURIEMMA2004 a, p. 258.
94 AURIEMMA2004 a, p. 320.
95GORGOGLIONE 2000, pp. 34-35.
Di queste quattro torri, quella di Porto Badisco (Otranto) non è più visibile anche se restano abbondanti testimonianze della sua esistenza nella cartografia storica (Scheda 4).
Poco più a sud troviamo la Torre di Minervino (Scheda 20), nel territorio comunale di Santa Cesarea Terme, il cui aspetto originario è stato alterato da un intervento di restauro compiuto di recente.
Ancora più a sud, nei pressi di Santa Cesarea Terme, è ancora visibile il rudere della torre Specchia la Guardia (Scheda 24). L’ultima di questa serie di torri è quella di Santa Cesarea, detta anche Belvedere, ancora visibile in località “Parco” (Scheda 25).
5 SCHEDE
SCHEDA 1. Grotta dei Cervi
Sul promontorio, denominato Montagnola (m 26 s.l.m.), che domina il costone settentrionale dell’insenatura di Porto Badisco, nel febbraio del 1970 fu scoperto un complesso sistema di cavità carsiche denominato Grotta dei Cervi96, per la presenza di figurazioni in cui compare questo animale.
La grotta97, la cui origine è connessa con “l’evoluzione morfologica della fascia costiera”98, si sviluppa a una profondità media di 20 m e presenta un’estensione lineare di circa 1,5 km. Dal punto di vista morfologico si compone di un complesso di corridoi che si diramano in direzioni diverse e ai quali si accede attraverso due ingressi, uno occidentale (il primo a essere stato scoperto) e uno orientale.
Oltre alle sue caratteristiche speleologiche, la Grotta dei Cervi risalta per la serie impressionante di pitture parietali che costituiscono una delle più importanti manifestazioni dell’arte post paleolitica d’Europa.
Il repertorio iconografico comprende motivi figurativi (gruppi di uomini, donne, animali e scene di caccia al cervo) e astratti (spirali, scacchiere, doppie s, collettivi antropomorfi e cembaliformi) suddivisi in dodici zone distribuite in tre distinti corridoi99.
Dall’interno della grotta proviene anche una cospicua quantità di vasellame e industria litica riferibile alle diverse fasi di frequentazione del sito. Frequentazione che sembra iniziare già nel Paleolitico Superiore come dimostrano alcuni saggi stratigrafici compiuti nella zona antistante l’ingresso della grotta100.
Al Neolitico Medio, come suggeriscono le analisi al C14, si data invece un focolare con grano carbonizzato rinvenuto all’interno della grotta (3900 ± 55 a.C.)101.
La cronologia neolitica appare confermata sia dai confronti stilistici tra alcuni motivi astratti (doppie s, spirali) e le ceramiche di orizzonte Serra D’Alto102, sia dagli scavi stratigrafici103 nella zona antistante la grotta, dove sono stati messi in luce livelli di frequentazione del Neolitico medio-recente (facies Passo di Corvo, Serra d’Alto e Diana) e dell’Eneolitico iniziale (facies di Piano Conte).
96LO PORTO 1970, pp. 525-526.
97CATASTO GROTTE PUGLIA 2010, n° 906.
98ZEZZA 2003, p. 25.
99GRAZIOSI 1980, p. 32.
100CREMONESI 1984, GUERRI 1984, pp. 349-351.
101GRAZIOSI 1980.
102PESSINA, TINÈ 2008.
103GUERRI 1991, p. 232.
SCHEDA 2. Grotta dei Diavoli
Nella parte bassa e più vicina al mare del costone settentrionale che sovrasta la spiaggia di Porto Badisco (Otranto), a pochi metri dalla parte terminale del canale artificiale che corre parallelo proprio alla spiaggia e sfocia a mare, si apre l’ingresso di un profondo cunicolo detto Grotta dei Diavoli104.
Il cunicolo con un andamento meandriforme in direzione S-N arriva a lambire uno dei cunicoli della parte ovest della vicina Grotta dei Cervi105.
Agli inizi del Novecento saggi di scavo106 dei depositi interni presenti nei primi 50 m del cunicolo (oltre non è più percorribile per la presenza di un lago sotterraneo) hanno documentato la presenza di numerosi resti scheletrici umani, industrie litiche e materiale ceramico neo-eneolitico. Sempre nel corso di queste ricerche, nell’area prospiciente la grotta furono segnalati frammenti fittili.
104CATASTO GROTTE PUGLIA 2010, n° 901.
105PESCE, CICCARESE, ONORATO 2008, pp. 93-94.
106STASI 1906, pp. 17-25.
SCHEDA 3. Grotta del Mammino
Un consistente deposito archeologico è segnalato nelle cavità’ interne della Grotta del Mammino107, un sistema carsico che si sviluppa ai margini del canalone di Badisco. Numerosi frammenti fittili di età neolitica ed eneolitica provengono dalla cavità maggiore mentre resti di fauna pleistocenica (Cervus , Bos, Vulpes) sono segnalati “nei depositi a terra rossa interna”108.
107 CATASTO GROTTE PUGLIA 2010, n° 905.
108 COPPOLA 2000, pp. 35-37.
SCHEDA 4. Torre costiera di Porto Badisco
A Porto Badisco (Otranto) nei pressi dell’odierna piazza V. Consiglio, a 15 metri sopra il livello del mare, potrebbe collocarsi il sito su cui sorgeva la “torre circolare” 109 documentata dal De Giorgi alla fine del XIX secolo e oggi non più visibile, molto probabilmente obliterata da alcune costruzioni moderne; il Cosi110 nel suo volume riguardante le torri costiere salentine, oltre a fornire alcune notizie riguardanti alcune dotazioni della torre (un pezzo di artiglieria con relative munizioni) fornite dal sindaco di Lecce al Procuratore dell’Università di Uggiano la Chiesa, indica le coordinate geografiche metriche (34TBK85383950) dell’ipotetico sito su cui la torre sorgeva.
Probabilmente la struttura, oltre a dominare l’insenatura di Porto Badisco, doveva ripetere la forma delle altre torri presenti sulla fascia adriatica compresa tra Otranto e Santa Cesarea Terme111: base troncoconica piena di circa 9 m di diametro, corpo cilindrico e un’altezza che non supera i 10 m.
La torre di Badisco, all’epoca in comunicazione visiva con la torre S. Emiliano a nord e con la torre di Minervino a sud, doveva far parte del sistema difensivo costiero allestito durante il XVI secolo lungo le coste salentine112.
Numerose testimonianze della sua esistenza provengono dalla cartografia storica, dove la torre di Badisco viene segnalata nelle carte che vanno dal XVI al XIX secolo.
109 DE GIORGI 1884, p. 284.
110 COSI 1989, p. 66.
111 FAGLIA 1978, p. 172.
112 FAGLIA 1978.
SCHEDA 5. Scavo piazza V. Consiglio
Sul terrazzo che si affaccia sull’insenatura detta “Tagliate” a Porto Badisco (Otranto), saggi di scavo condotti dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia durante i lavori di realizzazione della piazzetta-belvedere hanno documentato una serie di evidenze archeologiche113.
Al di sotto della cisterna settecentesca, posta al centro del terrazzo e distrutta dai lavori, è stata rinvenuta una struttura ellenistico-romana che comprendeva canalette di raccolta dell’acqua. Ulteriori indagini condotte dall’Università di Lecce hanno messo in evidenza i resti di una chiesa e una sepoltura riferibili ad un villaggio di età federiciana come indicherebbe l’abbondante presenza di ceramica d’uso domestico riferibile al XIII secolo d. C.114.
113 GORGOGLIONE 2000, pp. 34-35.
114 COPPOLA 2000, pp. 35-37.
SCHEDA 6. Le Taiate
L’area denominata “ Le Tagliate”, sul fianco meridionale dell’insenatura di Porto Badisco (Otranto), è caratterizzata da una “serie di tagli e adattamenti sulla roccia affiorante che si attribuiscono ad epoca romana”115. Come bitte per l’ormeggio116 sono state interpretate invece alcune incisioni circolari e subcircolari presenti sempre nella zona delle Tagliate.
Recenti indagini hanno evidenziato come alcune scalinate, che dalla parte bassa dell’approdo conducono al sentiero a monte, possano essere considerate funzionali all’insediamento dell’età del Bronzo117, attestato alle spalle di quest’area.
Sul sentiero a monte sono inoltre segnalati frammenti ceramici riferibili al bronzo medio118.
115 GORGOGLIONE 2000, pp. 34-35.
116 AURIEMMA 2004 a, pp. 249-260.
117 COPPOLA 2000, p. 35-37.
118 COPPOLA 2000, pp. 35-37.
SCHEDA 7. Grotta Salinaci
A Porto Badisco (Otranto) nei pressi della punta esterna dell’insenatura detta “Tagliate”, nelle vicinanze delle scalinate, si apre una cavità denominata Grotta Salinaci119 o della Salinacia, dove sono segnalati segni di antropizzazione costituiti da buche circolari ricavate sul piano di calpestio e da alcuni segni dipinti in rosso sulla parete di fondo, segni ormai del tutto ricoperti dalle concrezioni calcaree120.
119 CATASTO GROTTE PUGLIA 2010, n°906.
120 COPPOLA 2000, pp. 35-37.
SCHEDA 8. Grotta della Galleria
Sul tratto di costa che costituisce la parte inziale del costone meridionale dell’insenatura di Porto Badisco (Otranto), si apre un complesso di cavità detto “grotta della Galleria”, di cui la più grande presenta la volta crollata.
Agli inizi del XX secolo un deposito paleontologico è segnalato dallo Stasi in un cunicolo interno121 della grotta. Sempre in questo cunicolo recenti esplorazioni hanno documentato la presenza di pochi frammenti di ceramica d’impasto insieme a frammenti di età storica; sulle pareti laterali delle cavità sono segnalati livelli stratificati ricchi di fauna pleistocenica122.
121 STASI 1906, pp. 17-25.
122 COPPOLA 2000, pp. 35-37.
SCHEDA 9. Insediamento protostorico
Sul promontorio a sud dell’insenatura detta “Tagliate” a Porto Badisco (Otranto) sono segnalati i resti, fortemente compromessi, di un abitato dell’età del Bronzo123.
Tale insediamento appare delimitato da un aggere che dall’area delle Tagliate si sviluppa in direzione sud fino all’insenatura di Porto Russo.
Da questa zona provengono frammenti fittili ad impasto riferibili al bronzo medio124.
Sempre in questa zona alla fine del XIX secolo il De Giorgi segnalava la presenza di “selci neolitiche e terrecotte preistoriche”125.
123 COPPOLA 2000, pp. 35-37.
124 AURIEMMA 2004a, pp. 249-260.
125 DE GIORGI 1884, p. 284.
Scheda 10. Fondi di capanne zona Porto Russo
Poco a nord di Porto Russo, un’insenatura naturale che si apre sul tratto di costa compreso tra Porto Badisco a nord e la zona detta Fraula a sud, sono segnalati fondi di capanne riferibili al Neolitico126.
126 VALCHERA, ZAMPOLINI FAUSTINI 1997, p. 111 (2360).
SCHEDA 11. Cappella della Madonna della Serra
A nord-ovest della masseria Consalvi, nel territorio comunale di Uggiano la Chiesa, si colloca la cappella della Madonna della Serra ormai in disuso. Presenta una pianta grossomodo quadrata, con l’ingresso rivolto ad ovest; sul lato sud, in prossimità della cornice a coronamento del tetto piano, è ancora visibile una canaletta di scolo dell’acqua.
Al suo “interno si è conservato un affresco contornato da una cornice in pietra che ritrae la Madonna con Bambino, ubicato sulla parete alle spalle dell’altare”127.
127 CASESI 2005, p. 131.
SCHEDA 12. Area frammenti a est della cappella della Madonna della Serra
Alle spalle di Porto Badisco (Otranto), nella parte settentrionale del terrazzo roccioso (90-100 m s.l.m.) compreso tra la cappella della Madonna della Serra a nord e la masseria Consalvi a sud (I.G.M. 215 III SO), dinanzi a delle cavità del costone, è segnalata128 la presenza di materiale ceramico riferibile a fasi di frequentazione dell’età del Bronzo e dell’età del Ferro; sempre da questa zona provengono frammenti di ceramica tardoantica e medievale.
128AURIEMMA 2004 a, pp. 249-260.
SCHEDA 13. Area frammenti a sud cavità costone
Poco più a sud delle cavità che si aprono nella parte settentrionale del terrazzo roccioso a ovest di Porto Badisco (Otranto), compreso tra la cappella della Madonna della Serra a nord e la masseria Consalvi a sud (I.G.M. 215 III SO), a circa 90-100 m s.l.m. è segnalata una piccola concentrazione di frammenti di impasto insieme a materiale medievale, in particolar modo embrici129.
129 AURIEMMA 2004 a, pp. 249-260.
SCHEDA 14. Area frammenti a nord-est masseria Consalvi
Nella parte meridionale del terrazzo roccioso a ovest di Porto Badisco, nelle vicinanze di una cavità a nord-est della Masseria Consalvi (I.G.M. 215 III SO) è stata rilevata la presenza di frammenti fittili di età protostorica e medievale130.
130 AURIEMMA 2004 a, p. 257.
SCHEDA 15. Terrazzo a est masseria Consalvi
Da un terrazzo roccioso a est dalla masseria Consalvi (a ovest di Porto Badisco) provengono frammenti fittili di età ellenistica e tardo repubblicana; qui è stato rinvenuto anche un frammento di ceramica a vernice nera.
Il muretto a secco che delimita a ovest questa zona e costituisce il terrazzamento del pianoro sovrastante, l’alta incidenza di embrici ha permesso di supporre l’esistenza di una struttura.
Sempre in questo terrazzo alcuni frammenti di argilla concotta suggerirebbero la presenza di un focolare131.
131 AURIEMMA 2004 a, pp. 249-260.
SCHEDA 16. Area frammenti zona masseria Consalvi
Sul pianoro sovrastante il costone roccioso alle spalle della masseria Consalvi, a ovest di Porto Badisco (I.G.M. 215 III SO), sono segnalate evidenze tardoellenistiche, di età imperiale, tardoantica e altomedievale oltre alla presenza di industria litica (lame, raschiatoi, ecc.); a questi si aggiungono impasti dell’età del Bronzo e frammenti di intonaco di capanna132.
In particolare frammenti fittili sono stati recuperati nei muretti a secco insieme a blocchi di dimensioni maggiori rispetto agli altri, forse di riuso.
Queste evidenze associate ai numerosi frammenti di laterizio recuperati nella medesima zona hanno consentito di ipotizzare la presenza di strutture133.
Poco più a nord di quest’area ‘’sembra rilevarsi un’estensione della frequentazione tardoantica, con una distribuzione a macchia in cui potrebbe riconoscersi un insediamento di tipo vicanico”134.
132 AURIEMMA 2004 a, p. 258.
133 AURIEMMA 2004 a, pp. 249-260.
134 AURIEMMA 2004 a, p. 258.
SCHEDA 17. Località Grottella
In località Grottella (I.G.M. 215 III SO) a sud-ovest di Porto Badisco (Otranto), oltre un canalone che taglia trasversalmente il terrazzo roccioso su cui sorge la masseria Consalvi, è stata segnalata una piccola area di frammenti di ceramica ad impasto135.
135 AURIEMMA 2004 a, pp. 258-259.
SCHEDA 18. Strada acciottolata
A ovest di Porto Badisco (Otranto), nella parte di territorio compresa tra la masseria Consalvi a sud e la cappella della Madonna della Serra a nord (I.G.M. 215 III SO) sono ancora visibili le tracce di un percorso stradale che corre in direzione SE-NO con una lunghezza di 940 m e un’ampiezza media di 7 m; lungo il percorso sono ancora visibili solchi di carraia e in prossimità della masseria alcuni solchi scavati nel banco di roccia affiorante136.
La presenza di aree di frammenti fittili riferibili all’età repubblicana, in prossimità della strada, permettono di far risalire tale tracciato al periodo romano137 e forse di collegarlo con l’itinerario costiero di età romana che collegava Otranto con Castro138.
136 CASESI 2005, p. 127.
137 CASESI 2005, p. 127.
138 UGGERI 1983, pp. 305-306.
SCHEDA 19. Area frammenti alle spalle della Torre di Minervino
Lungo una terrazza rocciosa (63 m s.l.m.) sull’ entroterra adiacente la strada provinciale 358 P. Badisco- S. Cesarea T., poco prima della Torre di Minervino (I.G.M. 215 III SO), è segnalata un’area di frammenti riferibili al Paleolitico, al Neolitico e all’ Eneolitico139.
139 VALCHERA, ZAMPOLINI FAUSTINI 1997, p.111(2361).
SCHEDA 20. Torre di Minervino
Su una terrazza rocciosa a picco sul mare (66 m s.l.m.), a sud di Porto Badisco ( I.G.M. 215 III SO), troviamo la Torre di Minervino, una torre di fortificazione e di difesa della costa costruita nel corso del XVI secolo140.
La torre era in comunicazione visiva con la torre di Badisco (ormai scomparsa) a nord e con la torre Specchia la Guardia a sud.
Prima del recente restauro che ne ha alterato pesantemente l’aspetto originario, la torre si presentava come un rudere di forma troncoconica, con un diametro di circa 9 m alla base; la muratura era costituita da pietrame irregolare con corsi orizzontali ed elementi di tenuta costituiti da pietre più grosse; era fornita di un ristretto spazio in cima, raggiungibile da una scaletta di pietra addossata alla struttura141. In particolare questa si differenziava dalle altre presenti sulla costa, per la presenza di tracce di caditoie 142
140 COSI 1989, p. 67.
141 FERRARA 2008, pp. 48-49.
142 FAGLIA 1978, p. 172.
SCHEDA 21. Grotta “Ignazio Spagnolo”
In un complesso di cavità denominato grotte della Lupa o “Ignazio Spagnolo”143, poco a sud dalla masseria detta “Grande” (I.G.M. 215 III SO) nel territorio comunale di S. Cesarea, sono segnalati materiali della media età del Bronzo144.
143 CATASTO GROTTE PUGLIA 2010, n°961.
144 VALCHERA, ZAMPOLINI FAUSTINI 1997, p.111 (2362).
SCHEDA 22. Specchia Cristi
A circa 1 km a est dall’abitato di Cerfignano (I.G.M. 215 III SO) sono segnalati i resti di una specchia145 denominata “Specchia Cristi”146, la quale dà il nome anche alla parte di territorio in cui è posizionata.
Questo manufatto originariamente costituito da un accumulo di terra e pietrame147, attualmente risulta essere disperso su di una superfice di pochi metri quadrati immersa in una fitta vegetazione che ne impedisce un’individuazione immediata148.
In particolare su quello che resta della specchia, attualmente troviamo impostata una stazione di rilevamento geodetico costituita da una torre di pianta quadrata (4×4 m, h 3,20 m c.) costruita nel secondo dopoguerra dall’esercito149; lungo i lati nord, sud e ovest della torre si osserva una concentrazione di pietre, anche di grosse dimensioni, che probabilmente un tempo costituivano il cumulo della specchia.
A pochi metri dell’angolo est della torre troviamo una colonnina di cemento, con i lati corti orientati verso nord, forse da mettere in relazione con la costruzione della stazione geodetica.
145 MALAGRINÒ 1997.
146 VALCHERA, ZAMPOLINI FAUSTINI 1997, p. 111 (2361).
147 COLUCCIA, MERICO 2009, pp. 75-82.
148 UTM WGS84, 283165 E-4437795 N.
149 Sul foglio I.G.M. 215 III SO la posizione della specchia coincide con quello della stazione geodetica.
SCHEDA 23. Resti centuriazione zona “Mortille”
A sud-est del centro abitato di Cerfignano (S. Cesarea) in corrispondenza dell’area “Mortille” (I.G.M. 215 III SO), sono segnalati resti di un limites150 riferibile al sistema di partizione catastale di età romana individuato a Vaste (Poggiardo)151.
Dopo una breve interruzione questo è di nuovo visibile poco più a sud, nei pressi della zona detta “Sportelle”.
150 GUAITOLI 1997, vol. 1.2, tav. VI.
151 CHIOCCI, POMPILIO 1997, pp. 159-175.
SCHEDA 24. Torre Specchia la Guardia
Su una terrazza rocciosa (115 m s.l.m.) poco a nord di S. Cesarea troviamo i resti di una torre di avvistamento152, costruita probabilmente nel corso del XVI secolo, conosciuta con il nome di torre Specchia la Guardia153.
152 VALCHERA, ZAMPOLINI FAUSTINI 1997, p. 111 (2364).
153 COSI 1989, p. 67.
SCHEDA 25. Torre di S. Cesarea o Belvedere
Su un terrazzo roccioso a sud della zona detta “Archi” a S. Cesarea (I.G.M. 215 III SO) è documentato il rudere di una torre di avvistamento154 riferibile forse al XVI secolo, di forma troncoconica e realizzata con pietrame irregolare.
154 COSI 1989, p. 145.
SCHEDA 26. Area frammenti fittili costone meridionale insenatura Porto Badisco
All’imbocco dell’insenatura di Porto Badisco, prospezioni subacquee condotte lungo il primo tratto del costone meridionale hanno documentato, su un terrazzo naturale a 8-9 m di profondità, un’area di concentrazione di frammenti riferibili ad anfore155, in particolare pareti, del tipo Late Roman 2 o Yassi Adda I, forse pertinenti al carico di un ipotetico relitto la cui localizzazione rimane incerta.156.
Nella stessa zona è stata rinvenuta anche ceramica comune.
155 AURIEMMA 2004 b, p. 90.
156 AURIEMMA 2004 a, pp. 249-260.
SCHEDA 27. Frammenti fittili canalone
A Porto Badisco (Otranto) in corrispondenza dell’imbocco dell’insenatura, sul fondo del canalone a una profondità di 38 m, è segnalato il rinvenimento157 di un’anfora integra e una frammentaria, entrambe del tipo Athenaion Agorà M 273 (IV-inizi V d. C.)158.
Dalla stessa zona provengono un frammento di anfora Lamb. 2 e una porzione del corpo di un’ anfora della serie Otranto tipo 1 o 2.
Questi esemplari sono cronologicamente compatibili con quelli rinvenuti sul ciglio del “terrazzo” precedente e potrebbero essere riferiti allo stesso relitto (ipotetico), “eventuali ulteriori resti di questo andrebbero cercati al di sotto del taglio, sotto lo spesso strato di sabbia depositatosi nel canalone”159.
157 AURIEMMA 2004, pp. 249-260 a.
158 AURIEMMA 2004, p. 101 b.
159 AURIEMMA 2004, p. 252.
SCHEDA 28. Area frammenti zona Tagliate
Nello specchio d’acqua antistante alla zona detta “le Tagliate” nell’insenatura di Porto Badisco (Otranto) è stata individuata, a 8-10 m di profondità, un’ area di concentrazione di frammenti fittili composta in modo particolare da pareti e anse di anfore romane del tipo Lamb. 2 e tardorepubblicane160; a queste si aggiungono frammenti di grecoitaliche recenti, una lagynos frammentaria, una lekythos a vernice nera e una lekane acroma sempre frammentarie161.
160 AURIEMMA 2004 a, pp. 249-260.
161 AURIEMMA 2004 b, p. 90.
SCHEDA 29. Area frammenti zona casotto Pro-Loco
Nell’insenatura di Porto Badisco, frammenti fittili tardoantichi e medievali sono segnalati nelle acque sottostanti la parete rocciosa detta “pro-loco”(per la vicinanza ad un casotto in cui ha sede la locale pro-loco); è stata riconosciuta un’anfora tipo Keay LII, altre della serie Otranto (tipi 1 e 2), brocche con orlo trilobato e versatoio162.
Nella stessa zona sono stati recuperati un’anfora corinzia B (fine IV-inizi III a.C.), frammenti sempre di anfore corinzie B (fine III-inizi II a.C.) e un’ansa di anfora punica insieme a materiale di età ellenistica 163. Inoltre sono segnalati resti di fasciame e numerosi laterizi.
162 AURIEMMA 2004 a, pp. 249-260.
163 AURIEMMA 2004 b, p. 90.
SCHEDA 30. Area frammenti all’uscita dell’insenatura di Porto Badisco
Lungo il costone settentrionale dell’insenatura di Porto Badisco (Otranto), poco prima della punta occidentale dell’altra insenatura detta “Sbroglia”, a una profondità di 8-10 m, sono segnalati frammenti fittili concrezionati fra loro164. In particolare sono state riconosciute pareti di anfore forse del tipo Lamb.2 o apule, frammenti di anfore Late Roman 2, Yassi Adda I e della serie Otranto (tipi I e II)165. Da questa zona provengono anche due ceppi in ferro probabilmente di età imperiale166.
164 AURIEMMA 2004 a, pp. 249-260.
165 AURIEMMA 2004 b, p. 106.
166 AURIEMMA 2004 a, p. 254.
SCHEDA 31. Punta orientale “Sbroglia”
All’altezza della punta orientale dell’insenatura detta Sbroglia, a est di Porto Badisco (Otranto), è segnalata a una profondità di 8-10 m un’area di concentrazione di frammenti fittili in cui si riconosco pareti di anfore Lamb. 2 e di recipienti in ceramica comune167.
Nello stesso punto è stata individuata, concrezionata nella parete rocciosa, un’ancora in ferro di tipo bizantino168. (controllare mappa auriemma sri 212).
167 AURIEMMA 2004 a, pp. 249-260.
168 AURIEMMA 2004 b, p. 106.
SCHEDA 32. Relitto
Lungo il tratto di costa nei pressi della punta meridionale dell’insenatura di Porto Badisco (Otranto), è segnalata, ad una profondità di circa 21 m, una concentrazione di frammenti di anfore corinzie A e B di fine VI secolo a.C., pertinenti molto probabilmente al carico di un relitto presente proprio in questa zona169.
169 AURIEMMA 2004 b, p. 121.
SCHEDA 33. Relitto
In località pietra Mesola, poco più a sud di Porto Badisco (Otranto), a breve distanza dalla riva e a una profondità di 33-38 m, è documentata la presenza di un relitto segnalato per la prima volta nel 1971 e l’anno seguente oggetto di prospezioni e recuperi condotti dal Centro Sperimentale di Archeologia Sottomarina170.
Della struttura dello scafo si è conservata solo parte della chiglia (ca. m 1.80 di lunghezza e 22 cm di altezza) che si presenta inclinata verso sud; perduta è invece “la fiancata della nave a nord della chiglia, mentre quella a sud dovrebbe essere rimasta sepolta sotto il cumulo delle anfore concrezionate”171. Un’altra porzione lignea è stata identificata con il dritto di prua.
Il carico disperso verso sud per un’area di 50 m di larghezza risultava in gran parte conservato e malgrado alcuni recuperi clandestini comprendeva cinque macine (una piccola circolare e quattro più grandi e in pietra lavica), anfore vinarie integre e frammentarie, in gran parte del tipo Lamb. 2172.
Dell’armamento della nave restavano ancora in situsolo un’ancora in ferro lunga 4 m e un ceppo in piombo173.
Recentemente alcuni sopralluoghi hanno accertato “la quasi completa sparizione del carico”174.
La cronologia del relitto, sembra potersi collocare nella seconda metà del II sec. a.C. in base alla presenza tra i frammenti ceramici di un collo del tipo Apani II A175.
170 LAMBOGLIA 1974, pp. 162-165.
171 AURIEMMA 2004 b, p. 12.
172 AURIEMMA 2004 b, p.12.
173 PARKER 1992, p. 335 (n°882).
174 AURIEMMA 2004 b, p. 12.
175 AURIEMMA 2004 b, p. 12.
SCHEDA 34. Relitto Malepasso
Nel 1972 il Centro Sperimentale di Archeologia Sottomarina, compiendo prospezioni in aree vicine a quella del relitto di “pietra Mesola” a sud di Porto Badisco (Otranto), individuò un secondo relitto in corrispondenza del tratto di scogliera detto “Malepasso”, tra Porto Badisco e S. Cesarea176.
Di questo rinvenimento restano scarse informazioni per quanto riguarda la struttura dello scafo e la composizione del carico.
Nelle vicinanze del relitto, a una profondità di 12 e 25 m, sono segnalati due cumuli di cocci177.
176 PARKER 1992, p. 384 (n°1033).
177AURIEMMA 2004 b, p. 13.
SCHEDA 35. Area frammenti zona solfatare (S. Cesarea)
A S. Cesarea nel tratto di mare antistante le solfatare178, a 200-300 m dalla linea di costa e ad una profondità di 30-31 m, è segnalata la presenza di “ceramica medievale, anche dipinta, tipo broad line”179.
178 AURIEMMA 2004 b, p. 89.
179 AURIEMMA 2004 a, p. 261.
SCHEDA 36. Rinvenimento isolato (S. Cesarea)
Nel tratto di mare a sud delle Solfatare, a S. Cesarea, sono stati recuperati spathia di fine IV -V sec. d.C.180.
180 AURIEMMA 2004 a, p. 261.
SCHEDA 37. Presunto relitto zona Archi
A S. Cesarea, nel tratto di mare in corrispondenza della zona detta “Archi” (I.G.M. 215 III SO), a 150 m dalla costa e ad una profondità di 25 m, alcune evidenze rimandano alla presenza di un ipotetico relitto. Da questa zona provengono due ancore “ammiragliato” in ferro181; a poca distanza da queste è documentata la concentrazione di frammenti riferibili ad anfore forse di età medievale, come indicherebbe il recupero e l’esame di due colli effettuato da funzionari della Soprintendenza182.
181 AURIEMMA 2004 b, p. 31.
182 AURIEMMA 2004 a, p. 261.
SCHEDA 38. Cava, frammenti fittili sporadici
A circa cinquecento metri a nord della zona residenziale detta “La Fraula”, masseria Pezze, a sud del comprensorio di porto Badisco (Otranto), un banco di roccia affiorante (m 43 s.l.m.) è caratterizzato da una serie di tagli rettilinei che delimitano un’area di forma quasi quadrata183.
Tale area potrebbe costituire una cava, forse antica, per l’estrazione di blocchi di pietra calcarea caratteristica dell’intera zona.
Difficile ipotizzare una cronologia, in assenza di stacchi nella roccia che possano dare l’idea delle dimensioni dei blocchi asportati.
Poco più a nord di quest’area estrattiva sono visibili altri tagli nella roccia, ortogonali fra loro; sempre in questa zona è stata rilevata la presenza di frammenti sporadici ascrivili all’età medievale.
183 UTM WGS84, 284800 E-4439301 N
SCHEDA 39. Cava
A circa cento metri a ovest della zona residenziale detta la “Fraula”, a sud di porto Badisco (Otranto), è stata individuata una cava caratterizzata da una serie di scalini derivati dall’attività estrattiva.184
In particolare la misura della lunghezza degli stacchi (m 0.60) indicherebbe un utilizzo in epoca moderna.
184 UTM WGS84-284759 E-4439079 N.
SCHEDA 40. Frammenti fittili sporadici
Nella zona detta Grottella, poco a sud-est dalla masseria Consalvi, lungo la superfice di una terrazza rocciosa (a circa m 80 s.l.m.) coperta da bassa vegetazione è stata individuata una con frammenti ceramici molto fluitati (pareti), probabilmente di epoca medievale.
Tutta la zona si caratterizza per la presenza di sorgenti affioranti dal banco di roccia calcarea; forse il toponimo stesso indicherebbe la presenza di complessi carsici.
SCHEDA 41. Carraia
Nel banco di roccia affiorante nella parte terminale della strada-sentiero, che partendo dalla strada provinciale 358 Uggiano-Badisco sale verso ovest arrivando nella zona detta Grottella, a circa 500 m dalla masseria Consalvi, sono presenti delle tracce di carraia, visibili per una lunghezza complessiva di 18,5 m.
La larghezza totale misura circa 1,60 m mentre i solchi presentano una larghezza media di 0,25 m. Probabilmente questa carraia doveva essere funzionale alla vicina masseria Consalvi.
Pochi metri più a nord sul lato destro del sentiero sono visibili dei tagli regolari nella roccia.
SCHEDA 42. Frammenti fittili sporadici
Circa 300 m a sud di masseria Consalvi, in un campo incolto (c. 91 m s.l.m.) adiacente al sentiero (delimitato da muretti a secco) che conduce alla stessa masseria, sono stati recuperati alcuni frammenti di ceramica acroma (pareti); nello stesso campo è stata recuperata anche una scoria di ferro.
SCHEDA 43. Area frammenti
Sulla terrazza (m 97 s.l.m.) con roccia affiorante alternata a porzioni di terra coperta da vegetazione bassa, a circa 200 m a sud-est dalla masseria Consalvi è stata individuata una concentrazione di materiale ceramico.
Nella parte inferiore della terrazza è presente un “pozzetto” colmato con diversi massi di grosse dimensioni, mentre verso il limite orientale si trova il rudere senza tetto di una pajara.
Si segnalano: frammenti di tegole piane lungo la superfice della terrazza; alcuni fondi di acroma arcaica (?) forse pertinenti a contenitori di grosse dimensioni; un frammento di parete con orlo sporgente sempre di età arcaica (?); un frammento di parete con decorazione incisa e un frammento di ansa acroma entrambi di età medievale.
Sempre in questa zona sono stati recuperati diversi frammenti di ceramica acroma.
SCHEDA 44. Masseria Consalvi
A sud-est della zona detta “Macchia lo Bianco”, nel territorio comunale di Uggiano la Chiesa, si colloca il rudere della masseria post-medievale detta Consalvi.
La struttura è suddivisa in vari ambienti di cui si è conservato l’alzato, formato da blocchi di tufo parallelepipedi tenuti insieme dal cd. “bolo”, mentre è andata perduta quasi del tutto la copertura costituita in origine da materiale ligneo e coppi; la struttura è delimitata da un muro a secco solo in parte conservato.
Nell’area intorno alla masseria sono presenti quattro pozzi-cisterna disposti a distanze variabili ai vertici di una sorta di quadrato che circonda la masseria; probabilmente servivano a soddisfare il bisogno di acqua necessario per le attività della masseria e dei campi agricoli circostanti.
In questi terreni sono presenti cumuli di pietre, derivati probabilmente dalla bonifica del terreno.
44a. Area frammenti
Nel campo incolto, di forma grossomodo rettangolare, compreso tra la masseria e la terrazza a sud-est, è stata rilevata un’area di frammenti fittili. Oltre a numerosi frammenti di coppi probabilmente relativi alle coperture dei vari ambienti della masseria, si segnalano: alcuni frammenti di impasto non tornito di età protostorica, tra cui un frammento di orlo di scodella; alcuni frammenti di ceramica invetriata medievale.
All’estremità sud-est del campo è presente uno dei quattro pozzi-cisterna situati attorno alla Masseria (cfr. Scheda 46): senza copertura e in parte colmato da pietre, presenta una imboccatura di forma irregolare.
All’estremità nord occidentale del campo troviamo un altro pozzo-cisterna, chiuso da una gettata di cemento realizzata in tempi recenti.
44b. Area frammenti
Nei campi lungo il lato settentrionale e quello orientale della masseria si segnala una concentrazione di materiale ceramico.
Si segnalano: alcuni frammenti di impasto di età protostorica; numerosi frammenti di ceramica medievale. Nella medesima area sono stati recuperati diversi frammenti di ceramica acroma.
Nel campo a nord sono presenti altri due pozzi-cisterna, anch’essi scoperti e in parte colmati da pietre; nel terreno a est sono presenti numerosi cumuli di pietre.
SCHEDA 45. Carraia
A circa 300 m a nord-est della zona residenziale detta Fraula (S. Cesarea Terme) sul banco di roccia affiorante sono visibili alcuni solchi paralleli che si sviluppano in senso NE-SO per circa 2,5 m185. La larghezza delle carraie misura m 1,90 mentre i solchi, con i limiti esterni piuttosto irregolari, presentano una lunghezza incoerente fra loro: quello verso sud-ovest misura 0,30 m, l’altro invece 0,25 m.
185 UTM WGS84, 284356 E-4439447 N.
SCHEDA 46. “Rampa” a nord-est Fraula
Al di sotto della zona detta Grottella, a circa 600 m a sud-est della masseria Consalvi, è visibile una rampa lunga m 60 c. e larga m 7 c., che con una discreta pendenza sale fino alla parete rocciosa.
Questa rampa ha inizio in prossimità dell’ultimo tratto della strada-sentiero che con andamento meandriforme n-s corre in direzione della zona Grottella; questa strada-sentiero rappresenta una deviazione del percorso che partendo dalla strada provinciale 358 Uggiano-Badisco sale verso ovest in direzione della masseria Consalvi.
A differenza dell’area circostante caratterizzata da roccia affiorante, questa rampa sembrerebbe formata da terreno tufaceo ricoperto da pietrame di piccole dimensioni; lungo i fianchi sono visibili dei blocchi regolari di pietra.
Sempre lungo i margini della rampa sono stati recuperati frammenti di coppi e ceramica acroma non identificabile.
Al momento della ricognizione, nella parete rocciosa che domina la rampa è stato possibile notare la presenza di una sorgente attiva. In particolare tutta l’area alle spalle di questa parete è caratterizzata da acque sorgive.
SCHEDA 47. Canalone Fraula
A circa 100 m a sud del complesso residenziale detto la “Fraula” è presente un incisione torrentizia che si sviluppa in senso est-ovest per circa 300m, passando sotto un tratto della litoranea Porto Badisco-S. Cesarea (s.p. 358).
Lungo entrambi i fianchi del canalone si aprono alcune cavità naturali.
SCHEDA 48. Località Macube
Nel territorio a est di Cerfignano (S.Cesarea), a circa 500 m a sud-ovest della masseria Piccinna lungo la strada vicinale che prende il nome dalla stessa masseria, è presente una zona di forma circolare (diametro di m 300 c.) caratterizzata da una quota altimetrica più bassa rispetto alle zone circostanti. Posta a circa 50 m a sud dalla strada vicinale, all’esterno appare delimitata da muretti a secco, mentre all’interno presenta dei piccoli terrazzamenti che sostengono il percorso-sentiero concentrico che dalla zona interna porta a quella esterna; in particolare sono presenti tre ingressi distinti, tutti sul lato verso la strada vicinale.
La superfice interna, coperta da ulivi, risulta essere frazionata in appezzamenti minori da muretti a secco ortogonali fra loro.
Nel corso della ricognizione è stata osservata la presenza di numerosi frammenti ceramici di età medievale.
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